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Yara Gambirasio, la verità su quella sera: “Stordita e trascinata nel campo”

Recentemente la Corte di Cassazione ha reso note le motivazioni della condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti. Anche i Supremi Giudici non hanno avuto dubbi: è stato lui, quella maledetta sera del 26 novembre 2010, ad uccidere Yara Gambirasio. Il muratore di Mapello “dopo aver prelevato la ragazza e averla stordita, l’ha trasportata nel campo di Chignolo d’Isola” si legge nella sentenza. “I tempi del prelevamento della vittima, del suo trasbordo sul campo di Chignolo e del ritorno a casa dell’imputato sono stati giudicati compatibili con il rilevato orario di rientro a casa alle ore 20-20,15″. Orario che si desume dalle dichiarazioni della coniuge.

La ricostruzione e gli indizi

Così la Cassazione, condividendo le conclusioni dei giudici del merito, ripercorre quanto accaduto quella sera, quando Yara viene vista per l’ultima volta uscire dalla palestra di Brembate di Sopra. Tra gli indizi valorizzati nel processo contro Bossetti, ricordano i giudici di Piazza Cavour, “la presenza di calce nelle lesioni” rilevate sul corpo della vittima, dovuta, secondo gli inquirenti, all'”arma da taglio sporca di calce”; la presenza del 48enne, il pomeriggio della scomparsa di Yara, “in località prossima al Centro sportivo” con il “telefono spento” e “a bordo del suo autocarro“, mentre egli “mai era stato in grado o aveva voluto riferire alla moglie, ai cognati e agli altri familiari cosa avesse fatto quel pomeriggio e quella sera“. Bossetti “è passato e ripassato davanti alla palestra del centro sportivo – si legge nella sentenza – proprio in perfetta coincidenza con l’uscita della ragazza”.

C’è poi la prova regina: il Dna. La Corte ha rilevato la piena coincidenza tra il profilo genetico catalogato come “Ignoto 1“, rinvenuto sulle mutandine della ginnasta, e quelle del carpentiere bergamasco. L’evidenza scientifica, frutto di “numerose e varie analisi biologiche effettuate da diversi laboratori”, ha “valore di prova piena. “La probabilità di individuare un altro soggetto con lo stesso profilo genotipico equivale a un soggetto ogni 3.700 miliardi di miliardi di miliardi di individui“.

Massimo Bossetti: il duro sfogo dell’avvocato contro la Cassazione

Nonostante la sentenza della Cassazione, che lo scorso 12 ottobre ha confermato la condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti, la difesa dell’uomo non si arrende.  A La Vita in Diretta, è tornato sulla questione l’avvocato del 48 enne: Claudio Salvagni. Il legale è convinto dell’innocenza del suo assistito e ha annunciato il ricorso a Strasburgo presso la Corte europea dei diritti dell’uomo.

“Riteniamo questa sentenza in violazione della convenzione dei diritti dell’uomo perché non è stato rispettato il diritto di difesa. Ricorreremo a Strasburgo” ha affermato il legale. “Le sentenze della Suprema Corte di Cassazione non sono distillati di verità, anche loro sbagliano. Sono umani, ma la scienza è scienza: una cellula senza Dna mitocondriale non esiste. Bossetti non si è potuto difendere perché non ha mai partecipato a nessuna perizia. Io gli atti di fede li faccio in chiesa. Io non mi fido e voglio partecipare alle perizie, non mi interessa dei risultati” commenta duramente Salvagni. L’avvocato del carpentiere bergamasco ha anche fatto riferimento alla vicenda giudiziaria di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Per questi ultimi infatti pare siano stati disposti nuovi accertamenti”.

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