Il 18 gennaio del 1940 vicino Genova, più precisamente a Pegli, nasceva Fabrizio De André, Faber, come lo hanno soprannominato e che ancora noi tutti oggi cantiamo. Quel soprannome glielo diede Paolo Villaggio, suo amico, per l’assonanza con il suo nome e per la passione per le Faber Castel. De André è considerato uno dei padri della canzone d’autore italiana, in quella scuola genovese che annoverava Luigi Tenco, Gino Paoli, Bruno Lauzi, Fabrizio ‘sceglie’ una poetica diversa, meno influenzata dagli chansonniers francesi e il loro parlare d’amore e più ideologica – aprendo di fatto il filone per i Guccini, Vecchioni, De Gregori – che gli valse l’appellativo di “poeta degli ultimi“. Lui invece che se ne è andato troppo presto, colpito da un brutto male, l’11 gennaio del 1999. E non puoi che cantare con lui:
59 anni di vita intensa; costellata di successi, amori, paure e parole, usate per cantare l’amore – come da suggestione della vicina scuola francese – ma soprattutto la sua Genova e la ‘sua’ gente. Città vecchia, come Via del Campo, passando per Bocca di Rosa, o La Canzone per Marinella – portata al successo dalla grande interpretazione di Mina. Solo per citare quegli esempi che spaziano dalla canzone d’amore pura, a quella che racconta la vita degli ultimi: ribelli, immigrati e prostitute. Senza dimenticare la realtà, ma facendola assurgere in poesia. Per 14 album incisi in studio, e i tantissimi singoli confluiti nelle antologie.
E poi di Genova, c’è quel vento che capisci solo quando ci arrivi, che non smette mai di soffiare, come il pubblico di cantare i suoi meravigliosi testi. Ancora oggi, ritma la sinfonia della sua canzone manifesto, uscita nel 1984 e scritta con la collaborazione del grande Mauro Pagani, il violinista della PFM. Quella che racchiude l’anima genovese: Creuza de mâ. L’intero album scritto nel suo dialetto, la lingua che ha dominato nel mondo della navigazione, è considerato uno degli album più importanti della storia della musica italiana e ha segnato quella etnica e influenzato tutta la nostra canzone dopo la sua pubblicazione.
A separarli ci è riuscita solo la sua morte: Faber e Dori, una coppia titanica, unita da un amore forte, celebrato dalla nascita di Luvi e ‘rinsaldato’ dal rapimento. La storia d’amore fra il cantautore e Dori Ghezzi è stata tra le più seguite negli Anni Settanta e Ottanta. Un amore che è cresciuto piano, prima di coppia e poi nella musica. Una figlia, il dolore e la paura per un rapimento e quel sentirsi uniti in un sodalizio.
Noi tutti riceviamo il regalo di poter riascoltare la sua musica e la sua voce cantare. A Dori Ghezzi, come ha spiegato anni fa in un’intervista Rai rilasciata a Giovanni Minoli, manca naturalmente il compagno oltre l’artista. “I suoi testi li abbiamo, la sua voce la sentiamo cantare. Quello che mi manca di lui è la voce con cui parlava a me, però”. Il cantautore era un uomo spiritoso e allegro. Una persona che metteva a suo agio tutti, compresa la donna che ha amato. Al loro primo incontro importante De André mise a suo agio Dori Ghezzi. E con uno sguardo avevano già capito di essere nati per stare insieme.
E oggi, 18 febbraio 2022, rispettando il suo desiderio non essere descritto come un “santino” – che la stessa Ghezzi spiegò nel programma La storia siamo noi, non gli sarebbe piaciuto – scegliamo una canzone per ricordarlo: Dolcenera
“Ma l’amore ha l’amore come solo argomento e il tumulto del cielo ha sbagliato momento“. Ciao Faber!
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