Il programma Quarto Grado, nella puntata di ieri 1 febbraio 2019, ha dedicato ampio spazio al caso di Marco Vannini. La sentenza di secondo grado sull’omicidio, emessa il 29 gennaio dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma, ha suscitato molte polemiche, compresa l’indignazione del Ministro della Difesa Trenta e del Ministro della Giustizia Bonafede. In primo grado, Antonio Ciontoli era stato condannato a 14 anni per omicidio volontario ma la Corte d’Appello ha derubricato il reato ad omicidio colposo, riducendo la pena a 5 anni di reclusione. Confermati, invece, i 3 anni per il resto dei componenti della famiglia, la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina. La trasmissione di Rete 4 ha mandato in onda un’intervista esclusiva agli avvocati Andrea Miroli e Pietro Messina, difensori della famiglia Ciontoli.
Le dichiarazioni dei legali della famiglia Ciontoli
“Per poter parlare di omicidio volontario va dimostrata la volontà. La Corte d’Assise d’Appello ha applicato il massimo della pena per l’omicidio colposo. Che poi qualcuno possa dire che vi è sproporzione tra la tragicità del fatto e la pena applicata, questa è una valutazione che non può essere additata ai magistrati. Noi comprendiamo benissimo il dolore della famiglia Vannini, tuttavia in uno Stato di diritto è giusto che vengano applicate le regole” dichiarano i legali.
“Antonio Ciontoli, se avesse saputo che Marco stava per morire, si sarebbe comportato in maniera diversa. Non andava assolto. Anche lui l’ha detto: si è assunto la responsabilità di quello che è accaduto e cioè la morte del ragazzo. Ma ha sempre proclamato la sua indisponibilità ad accettare che lui volesse effettivamente che Marco morisse. Le sentenze possono essere criticate, ma c’è stata un’aggressione nei confronti dei magistrati che riteniamo debba rientrare. È un tema che è all’ordine del giorno del Consiglio Superiore della Magistratura, perché sono episodi che si ripetono un po’ troppo spesso”.
“Urlare vergogna? Si va oltre il confronto civile”
“Quando si definisce una sentenza vigliacca, quando si urla Vergogna!, mi pare si vada oltre quello che può essere un confronto civile” dicono a proposito delle urla di Marina Conte, mamma di Marco, alla lettura della sentenza. Sulla pena inflitta agli altri membri della famiglia, i legali affermano: “Il dibattimento ha dimostrato inequivocabilmente una differenza sostanziale nella consapevolezza tra Antonio e gli altri imputati. I due figli e la moglie sono stati indotti in errore dal padre. Le condizioni di Marco, in termini di gravità, non erano percepibili. I famosi due litri di sangue persi sono un’emerita corbelleria, perché Marco il sangue l’ha perso solo internamente“.
I difensori dei Ciontoli poi concludono: “Questi giorni per i Ciontoli non rappresentano un passaggio indolore. Questa tragedia che li ha coinvolti non è una cosa che passerà in maniera tranquilla. Per molti anni vivranno questa condizione di sofferenza, al di là di quelle che saranno le risultanze dei processi”.
Il sindaco di Cerveteri: “Mi vergogno ad indossare la fascia tricolore”
Duro il commento di Alessio Pascucci, Sindaco di Cerveteri, Comune di residenza della famiglia di Marco Vannini. “Uno Stato che consente di uccidere un suo ragazzo senza che di fatto i suoi assassini vengano puniti non è uno Stato di diritto. E’ uno Stato in cui la giustizia oramai è morta e le Istituzioni non sono più un riferimento credibile per i cittadini“.
“Spiace dirlo da uomo delle Istituzioni ma il caso di Marco ha scosso tutta la nostra comunità, per l’evento truce e infame che ha portato alla morte di questo giovane ragazzo. Da sindaco mi sento di dire che oggi provo un senso di vergogna nell’indossare la fascia tricolore in rappresentanza di uno Stato che non tutela i cittadini e che lascia impuniti gli assassini di Marco. Metterò le bandiere della nostra città a lutto e invito i sindaci di tutta Italia a farlo in rispetto di Marco Vannini e dei tantissimi che come lui hanno perso la vita senza che lo Stato italiano gli riconoscesse giustizia”.