La Cassazione si è pronunciata quest’oggi, 12 ottobre 2018, nei confronti di Massimo Bossetti, accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. I giudici della Suprema Corte hanno confermato la condanna all’ergastolo. Massimo Bossetti per i giudici è l’assassino di Yara. Il muratore di Mapello ha atteso la sentenza nel carcere di Bergamo, dove si trova dal 16 giugno del 2014. L’efferato omicidio della 13enne di Brembate di Sopra, vista la sua brutalità, sconvolse l’intera opinione pubblica. Per Yara quel 26 novembre del 2010 era un giorno come tanti, dove una delle sue priorità era allenarsi nella disciplina che tanto amava: la ginnastica ritmica. In quel tardo pomeriggio però la sua vita è stata stroncata per sempre. Un aeromodellista trovò il suo cadavere il 26 febbraio del 2011, in un campo aperto a Chignolo d’Isola, distante 10 chilometri circa da Brembate di Sopra.
Nella requisitoria davanti ai giudici della Cassazione, il pg Mariella De Masellis ha chiesto la conferma all’ergastolo per il muratore. Il magistrato ha inoltre sottolineato che “è fantascienza che il Ris abbia creato un Dna artificiale servendosi di ‘marcatori scaduti'”, aggiungendo che “gli esperti hanno convenuto sulla assoluta corrispondenza tra ‘Ignoto 1’ e l’imputato”. La difesa di Massimo Bossetti ha chiesto invece una nuova perizia sul DNA o l’annullamento della sentenza di condanna, emessa in primo grado e confermata dalla Corte d’Appello di Brescia. Assenti in Cassazione i genitori di Yara Gambirasio e i familiari di Massimo Bossetti.
Il ricorso della difesa di Massimo Bossetti
Per la Procura che ha svolto le indagini ad uccidere Yara Gambirasio è stato il muratore di Mapello. Nelle aule dei Tribunali sono stati esposti diversi elementi, tra cui quella che viene definita come la prova regina. Si tratta della traccia genetica repertata sugli slip dell’adolescente. Per gli avvocati difensori di Massimo Bossetti, Paolo Camporini e Claudio Salvagni, questo elemento è stato contaminato. Nelle motivazioni, che a loro avviso screditerebbero i punti evidenziati dalla Procura, i legali hanno evidenziato ben 23 motivi che dimostrerebbero l’estraneità del muratore nel delitto di Yara Gambirasio o quantomeno che pongono seri dubbi sul suo coinvolgimento.
Omicidio Yara Gambirasio, la prova regina è contaminata?
Oltre 600 erano le pagine presentate alla Suprema Corte dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini. Il focus era la prova regina, ovvero la traccia di DNA di Ignoto 1 prelevato dal lembo degli slip di Yara Gambirasio. Per i legali questa traccia è contaminata e a dimostrazione di ciò vi sarebbe un video inedito che, a loro avviso, lo proverebbe. I loro dubbi riguardano sul modo in cui è avvenuto il primo e fondamentale sopralluogo sul cadavere. Per loro non sono state applicate le procedure internazionali e tale negligenza avrebbe inquinato il lavoro di repertazione, compromettendolo. Per tale ragione gli avvocati richiedevano alla Corte Suprema almeno il rinvio a giudizio di Massimo Bossetti, magari ponendo come necessari l’effettuazione di nuove perizie sulle tracce genetiche repertate. Solo così per gli avvocati si potrebbero mettere a tacere i dubbi che rimangono dalla ricostruzione della Procura.
Omicidio Yara, dubbi sul furgone bianco
Dibattuti anche i filmati che ritraevano un furgone bianco transitare vicino alla palestra frequentata da Yara Gambirasio, proprio quel 26 novembre del 2010. Per la Procura si tratta di Massimo Bossetti, mentre la difesa del muratore non è mai stata concorde. Il criminologo Ezio Denti, consulente della difesa, era intervenuto pochi giorni prima della sentenza definitiva a Storie Italiane. “Ho trovato 8 furgoni simili o uguali nella bergamasca che non facevano parte dell’elenco e nella sentenza non vengono citati. Io voglio convincere la gente a capire cosa c’è dietro”, aveva affermato Denti nel salotto di Rai 1. Criticata dalla difesa anche la compatibilità delle fibre dei sedili della vettura del muratore di Mapello con quelle trovate sul corpo di Yara Gambirasio.
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