Giordano De Plano: “Sto diventando un paracadutista”
Giordano De Plano è innamorato. E’ un amore nato fra i banchi di scuola e cresciuto con lui, che come tutti i grandi amori sopravvive nonostante tutto e tutti. Giordano ama il suo mestiere. E’ un attore, ma fino a 16 anni credeva che avrebbe costruito il futuro disegnando fumetti. Perché ci sapeva fare, coi fogli e la matita: pochi tratti e prendevano forma i personaggi, le anime a colori. Invece poi è arrivato Enzo Civitareale, quel prof un po’ bizzarro e in grado di leggergli dentro, che gli ha permesso di scoprire il sogno fino ad allora ignorato. Grazie a lui, Giordano ha imparato a guardare i film – i migliori – andando oltre, a leggerli dentro fuori. Poi ancora, in Quel pomeriggio di un giorno da cani, s’è trovato di fronte un ipnotico Al Pacino e tutto è diventato chiaro: “Ho pensato: ‘io voglio fare questo’. E da allora non ho più cambiato idea”. Giordano interpreta l’ispettore Sandro Pietrangeli nella fiction Squadra Antimafia, un personaggio a cui ha dato tanto e che gli ha dato tanto. Ma che rappresenta solo un capitolo – sia pur fondamentale – di una lunga storia fatta di luci e ombre. Giordano ne parla con passione, mentre il suo sguardo si sposta di continuo dalla realtà circostante a paesaggi interiori che soltanto lui conosce.
Arrotola una sigaretta, fuma, parla e vibra. E’ il protagonista dello spettacolo Oscillazioni, scritto da Vitaliano Trevisan e diretto da Giuseppe Marini, in scena al Teatro Belli di Roma da circa due settimane. Una sfida: perché è un monologo, innanzi tutto, e perché il protagonista è decisamente borderline. Un uomo che ha lasciato la moglie sette anni prima, appena saputo della sua gravidanza, mosso dal rifiuto della paternità. Un uomo che vive ai margini, in un universo oscuro, fra mille tormenti che lo rendono anche feroce. Che accoglie soltanto l’amore mercenario, vede in tutti i figli dei carnefici ma al contempo sente il peso del suo vuoto sentimentale. Che si circonda di “figure assenti ma fin troppo presenti“, spiega Giordano, e che nei suoi deliri è mosso da logiche ben precise.
Un personaggio estremo che compie gesti estremi: non c’è niente che vi accomuna?
A parte l’età, direi di no. Anche se si tratta, in fondo, di un testo maschile rivolto a un pubblico maschile: mette gli uomini difronte a verità che spesso non vogliono vedere. Non a caso, sono proprio loro a uscire più scossi dal teatro. Non ho una compagna e non ho figli, quindi la mia situazione è completamente diversa. E soprattutto, pur avendo lati estremi, non arriverei mai a fare ciò che fa questo personaggio. Però, come lui e come tutti, ho la stessa paura di lasciarmi andare in un rapporto. C’è un momento molto bello dello spettacolo, in cui il protagonista dice “L’amore è un problema che non sono mai riuscito a risolvere“. Ecco. Non è facile trovare la giusta distanza. Non essere troppo vicini, ma neanche troppo lontani.
Ti piacerebbe avere figli?
Sì, molto. Ma anche in questo caso ho delle paure. Diventare padre significa tagliare definitivamente il cordone ombelicale, rivoluzionare la propria esistenza. Non è facile. Se devo dire la verità, comunque, adesso mi interessa di più trovare la donna giusta. La madre di mio figlio.
Cosa si prova a portare in scena per due settimane, tutte le sere, un personaggio del genere?
Sicuramente è necessaria grande concentrazione. Tutto il giorno è una sorta di tensione verso quell’appuntamento, quei cinquanta minuti (la durata dello spettacolo, ndr). Ogni volta si deve ricreare la sorpresa, ogni volta io stesso scopro cose nuove: ho anche la fortuna di misurarmi con un testo scritto molto bene, devo dirlo. Mi fa entrare in scena con la paura di sbagliare, cosa che io reputo importante e positiva. Il palcoscenico è un ring, lì devi dimenticarti di tutto. E non devi vederti come attore.
Durante le riprese di Squadra Antimafia provi emozioni completamente diverse, immagino…
Emozioni diverse perché la fiction è una cosa completamente diversa. E’ una corsa contro il tempo, soprattutto quando si tratta di fiction lunghe come Squadra Antimafia. Vieni buttato in questo grande circo e devi intonarti con gli altri attori; a prescindere dal ruolo che interpreti, sei l’anello di una catena di montaggio. E la macchina da presa ti permette cose impossibili in teatro, ad esempio i primi piani. I momenti più belli, per me, sono quelli in cui non devo parlare ma usare soltanto il sottotesto.
Hai detto più volte che il ruolo dell’ispettore Pietrangeli ti ha cambiato la vita. Ma ti capita che la gente ti identifichi con il personaggio?
Ho la fortuna di interpretare un personaggio forte e amato; quindi è vero, può capitare quello che dici tu. E una delle mie risposte è proprio questo spettacolo teatrale, che mi permette di dire cose diverse e indossare abiti diversi.
Giordano, come vedi il tuo futuro professionale?
Come il mio presente, un’alternanza fra set e palcoscenico. Spero che le cose continuino così anche se il futuro è incerto per tutti e viviamo in un Paese in crisi, c’è poco da fare. Mi sento un privilegiato, ho la fortuna di lavorare in una fiction ancora molto richiesta che mi permette di campare e anche di concretizzare altri progetti professionali.
Hai mai fatto grossi errori, nel corso della tua carriera?
No, direi di no. Ho sempre fatto le mie scelte con lucidità e passione.
La tua scelta migliore?
Forse proprio il fatto di essere tornato sul palcoscenico. Recitare da solo in uno spettacolo, tra l’altro, mi ha dato la possibilità di verificare a che punto mi trovo. Mi spiace solo vedere che sempre meno persone vanno a teatro.
Credi che influisca, in questo, la costante comunicazione virtuale?
Sì, credo che influisca la possibilità di fruire di tutto standosene a casa davanti a un computer. Impigriti, ingabbiati.
Tu ti sei lasciato sedurre dai nuovi media?
Cerco di tenerli a bada, anche se sono comunque molto utili. Credo ancora nelle relazioni in carne e ossa.
Hai quasi quarant’anni: un bilancio?
Strapositivo. Non conosco tante persone che vivono della propria passione. Io adesso ci vivo. Prima ci pativo a basta.
Com’è la tua vita, al di là del lavoro?
Vedo gli amici, mangio con loro, sto con la mia famiglia. Guardo film, tanti. Mi piacerebbe viaggiare di più, questo sì.
Definisciti con tre aggettivi.
Appassionato, testardo… E sempre meno impulsivo.
Il tuo difetto più grande?
L’indolenza, dovuta al mio essere romano fino al midollo.
Come credi di essere, al primo impatto?
Sicuramente non solare. Anche se sono un po’ più estroverso rispetto a prima. Comunque io tendo a non lasciare traccia di me.
In che senso non lasci traccia?
Non so motivare con chiarezza questa mia caratteristica. Ma tendo a non lasciare traccia… Anche quando faccio la doccia, per esempio: pulisco e asciugo subito tutto. Entro nelle stanze in punta di piedi, difficilmente sbatto la porta. Lo faccio solo ogni tanto. Non amo l’esposizione.
Quindi non ami neanche la mondanità, non vai agli eventi…
‘E venti? Sono già ‘e venti e trenta? (ridacchia, ndr)
Sei un paracadutista, nella vita?
No. Ma sto cercando di imparare, anche tramite il mio lavoro. Questo spettacolo, per esempio, è il primo in cui lavoro senza rete sotto. E’ stato il regista Giuseppe Marini a togliermela. E lo ringrazio.
Che rapporto hai con i fan?
Dipende. Sicuramente sono loro grato. Ma non mi piace l’invadenza. Lavoro dentro un elettrodomestico, cioè la tv. Ma io non sono un elettrodomestico.
Cosa farà l’ispettore Pietrangeli nella prossima stagione di Squadra Antimafia? Come sarà?
Beh, sarà un Pietrangeli in convalescenza sotto tutti i punti di vista, per quello che gli è successo a livello fisico e non solo. Per la prima volta uscirà la sua parte più saggia, imparerà a essere meno impulsivo. E poi avrà la sua rivincita nella vita personale. Forse ci sarà una donna nuova, forse potrà diventare anche una figura paterna. Chi lo sa…