Milva: la vita, i talenti e quei tormenti che sparivano quando iniziava a cantare
La fiamma più rossa dello spettacolo italiano, voce straordinaria e scura da contralto. 82 anni fa nasceva l'artista che veniva dal Po
La Milva che ora riposa sul lago di Como, nel piccolo cimitero di Blevio, ha dinanzi la splendida vista sul lago, la stessa che ammirava dal suo appartamento, che negli anni ’80 aveva acquistato in un complesso del ‘700. Era già Milva prima di venire al mondo per volere dei genitori, ma sarebbe cresciuta ‘senza un santo protettore’ e dunque, l’allora coniugi Biolcati, scelsero un nome che ne avesse uno. Ed è così che il 17 luglio del 1939 nasceva Maria Ilva in quel borgo della provincia di Ferrara; un piccolo centro sul delta del Po.
Un nome, che l’ha accompagnata fin quando non scelse di chiamarsi Sabrina e cantare nelle balere locali da ragazza. In quegli anni, un impresario bolognese la mise alla prova in una serata a Riccione e la ingaggiò subito, proprio col nome d’arte di Sabrina e un look in stile Audrey Hepburn. Ma è nel 1959 che, quella ragazza, diventò finalmente Milva, esattamente quando trionfò in un concorso per voci nuove della Rai, arrivando prima su 7.600 aspiranti concorrenti. Nel 1961 raggiunse il podio classificandosi terza a Sanremo con il brano dal titolo Il mare nel cassetto col nome di Milva, il suo; quello che le fece raggiungere il record di presenze al Festival della canzone italiana e di cantare col maggior numero di album incisi.
Milva, la ‘femme fatale’ della musica italiana
Duttile e ipnotica come poche. Milva riempiva le scene. Il suo corpo poteva plasmare al suo volere qualsiasi capolavoro e firmarlo con la storica e inimitabile chioma rossa. Non interpretava soltanto, ma disegnava ogni sua apparizione televisiva con la firma da femme fatale. Sempre, per 50 anni di successi e amarezze, finché non pronunciò le parole d’addio con un velato alone di stanchezza negli occhi, dicendo: “La vita è fatta di affetti, figli. Il sipario non mi mancherà. L’ho fatto fino al momento in cui ho potuto farlo bene”. E la donna del borgo lo ha fatto, incidendo un pezzo dopo l’altro, conquistando un primato che segna oltre 170 titoli.
Milva, è oggi la cantante che ha realizzato più album. Da quel 1961 che segnò il suo terzo posto a Sanremo, a un oceano di canzoni dopo. Teatro, musical e televisione nella fragorosa carriera dell’artista, resa altrettanto tale dal lungo lavoro sul repertorio di Bertolt Brecht e Kurt Weill fatto con Giorgio Strehler nell’alveo del Piccolo Teatro di Milano; luogo dove è stata allestita anche la sua camera ardente. Milva è scomparsa all’età di 81 anni, lasciando ricordi che tracciano, ancora oggi, la sua ricca carriera tra melodie leggere e possenti. La sua voce, resa unica da una timbrica peculiare, si alternava alla sua capacità interpretativa sul palcoscenico teatrale, nelle vesti di attrice. Poliedrica e giusta nel ruolo, come d’altronde lo era la tipica showgirl di quegli anni.
Gli amori tormentati per uomini (forse) un po’ dannati
La vita privata di Milva è stata caratterizzata da alcuni uomini, per lo più inquieti. Si sposò un’unica volta con il regista Maurizio Corgnati, dopo essersi incontrati per la prima volta negli studi Rai di Torino, durante la registrazione della trasmissione Quattro passi tra le nuvole. I 22 anni di differenza non furono un ostacolo per quel matrimonio che avvenne nel 1961, e che diede alla luce la figlia Martina. Per Milva, Corgnati, è stato il ‘pigmalione’. Le ha insegnato tutto, finché una profonda crepa non ruppe quel sodalizio amoroso: la cantante si innamorò dell’attore Domenico Serughetti, in arte Mario Piave.
Tra i grandi artisti, nella vita di Milva ci furono il filosofo Massimo Gallerani, conosciuto nei primi anni ’70, e l’affascinante Luigi Pistilli; l’uomo che, forse, incarnava il classico ‘bello e dannato’. Li univa la passione per Bertolt Brecht e l’amore per il teatro. Purtroppo, la frequentazione non era semplice da gestire. Milva infatti, sparì dalla sua vita e Pistilli, alquanto offeso, fece un’intervista contro la cantante, descrivendo la stessa Milva, come una donna che ‘usava’ gli uomini. Un mese dopo quelle dichiarazioni, Luigi si impiccò a Milano, ma prima di morire lasciò un biglietto destinato all’artista, dove le diceva che non era affatto la persona che aveva descritto durante quell’intervista.
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