Sarah Scazzi, la madre a Sabrina e Cosima: “Voglio la verità”
Concetta Serrano, sulle pagine del settimanale Giallo, rivolge un appello alla nipote Sabrina e alla sorella Cosima, condannate all’ergastolo per l’omicidio della figlia Sarah Scazzi. Quello che la madre della quindicenne di Avetrana chiede è la verità su come siano andate le cose quel maledetto 26 agosto 2010.
“Sabrina e Cosima fin da subito hanno negato con forza di essere le autrici del delitto – dice Concetta – confermando la versione di Michele. Michele inizialmente si è dichiarato reo confesso, poi ha ritrattato e poi si è incolpato definitivamente. La Corte in tre gradi di giudizio differenti, ha dimostrato in maniera certa e incontrovertibile che le autrici del delitto sono state Cosima e Sabrina e che Michele è intervenuto successivamente per aiutarle a nascondere il cadavere della mia povera figlia”.
“Io e tutta la mia famiglia – continua la madre di Sarah – abbiamo sempre avuto fiducia nella giustizia e in chi la esercita e abbiamo sempre dichiarato di non avere mai avuto dubbi sulle indagini e i successivi gradi di giudizio. Una confessione piena e univoca sull’accaduto di mia nipote Sabrina e di mia sorella Cosima ci avrebbe alleviato molte sofferenze, soprattutto se fatta con il cuore, e non per uno scopo secondario, come, ad esempio, uno sconto di pena immediato. E forse avrebbe confortato anche loro stesse. Ma tutto ciò non è mai avvenuto e non credo avverrà mai.”
Le dichiarazioni di Concetta sullo sconto di pena di Sabrina
Nei giorni scorsi, il tribunale di Taranto ha accolto la tesi della difesa di Sabrina. La ragazza, durante la detenzione, si è mostrata partecipe alle attività di rieducazione dell’istituto penitenziario. Ha conseguito il diploma di scuola superiore ed è stata rispettosa delle norme di condotta in regime carcerario. Ragion per cui, la Misseri potrà usufruire di uno sconto di pena pari a 495 giorni di liberazione anticipata, ovvero un anno e quattro mesi.
Concetta Serrano, sempre a Giallo, ha commentato la notizia: “E’ ovvio che la pena detentiva debba mirare a un reinserimento del condannato. Ai parenti delle vittime soprattutto quando manca un ravvedimento da parte di chi ha commesso il delitto, rimane però l’amaro in bocca se gli assassini possono avere molti anni in meno rispetto a quelli inflitti inizialmente, solo perché è passato del tempo o non si sono commessi altri delitti durante la detenzione. Se si potessero invertire le parti anche per un solo momento e far provare al condannato lo strazio e il dolore che prova chi ha voluto bene alla vittima, chi ha vissuto ogni giorno accanto a quella persona che è venuta a mancare per colpa di un omicida, credo che sarebbe lo stesso detenuto a non voler più chiedere sconti di pena o altro. Ma questo, purtroppo, non si può fare”.