Pamela Mastropietro, i genitori contro Oseghale: ecco le dure parole
Alessandra Verni e Stefano Mastropietro, i genitori di Pamela, hanno risposto duramente alla lettera di scuse di Innocent Oseghale. Quest’utlimo, pusher nigeriano di 29 anni, è attualmente a processo per la morte della diciottenne romana trovata a pezzi in due trolley. Le parole di Oseghale sono state lette durante l’udienza preliminare nel tribunale di Macerata e sono state riportate in esclusiva da Quarto Grado. “Sono davvero dispiaciuto per quello che ho fatto – scriveva il nigeriano – e quando ho realizzato la portata del crimine che avevo compiuto sono stato malissimo. Chiedo perdono alla famiglia di Pamela Mastropietro e agli italiani per quanto è accaduto il 30 gennaio. Noi eravamo entrambi felici insieme (parla del rapporto con Pamela, ndr) Tutto ciò che chiedo è di avere un’altra possibilità e il perdono“.
A queste parole, i genitori della 18 enne non ci stanno. Con una lettera affidata a Primato Nazionale, esprimono tutta la loro rabbia nei confronti del pusher 29 enne. “Come possiamo accettare le scuse che ci hai rivolto in udienza, lo scorso 26 novembre, quando un giudice, con coraggio, ti ha rinviato a giudizio per aver violentato, ucciso, depezzato chirurgicamente, scuoiato, scarnificato, disarticolato, esanguato, lavato con la varechina, messo in due trolley e abbandonato sul ciglio di una strada nostra figlia Pamela, che aveva appena 18 anni?” esordiscono Alessandra e Stefano. “Il fatto che tu abbia solo pensato di farlo, dimostra inequivocabilmente che per te, fare quello che hai fatto, è la normalità“.
“Una ferocia che non ha eguali”
I due genitori descrivono poi il loro dolore successivo alla morte della figlia, parlando delle lunghe notti in compagnia delle immagini dei suoi ultimi, tragici, momenti. “Perché vedi, non è solo il fatto di averla violentata ed uccisa, ma anche quello che hai fatto dopo: un qualcosa che non ha precedenti e che dimostra, da una parte, una demoniaca freddezza, dall’altra una ferocia che non ha eguali. Il nostro avvocato ci ha dovuto far vedere nel tempo le fotografie di come avevi ridotto Pamela: ci siamo sentiti male, abbiamo vomitato, abbiamo pianto disperatamente, non siamo andati a lavoro per settimane. E per lunghe notti non abbiamo dormito, accompagnati tuttora dalle immagini di quei tragici ultimi momenti di nostra figlia. Rivivere la sua paura, la sua angoscia, il suo terrore. La sua consapevolezza, forse, di stare per morire. Per non pensare, poi, a quello che pur emergerebbe in alcuni documenti processuali: ossia averla iniziata tu a fare a pezzi quando era ancora viva“.
“Non meriti nulla, se non una condanna esemplare”
“Come possiamo perdonarti? – chiedono i due a Oseghale – Una domanda simile, fatta a noi, vuole anche dire che tu ti sia già perdonato. O, peggio, che non ti sia mai pentito”. Al nigeriano chiedono poi di parlare della sue frequentazioni, da Lucky Desmond e di Lucky Awelima. “Perché non racconti di tutto il resto che, di marcio, emerge dalle carte processuali, finalmente in nostro possesso? E che denuncia, inequivocabilmente, quello che abbiamo sempre ipotizzato? Ossia che dietro di te ci possa essere la mafia nigeriana?”. I genitori di Pamela poi concludono: “Non meriti nulla, se non una condanna esemplare, che ti releghi in carcere per il resto dei tuoi anni a venire, fino a quando Qualcuno, più in alto di noi, non sia chiamato a giudicarti. Non sappiamo se Lui ti perdonerà, ma di certo è l’Unico in grado di farlo, in caso”.