L’avvocato del Principe Harry chiama “in causa” uno spazzacamino del ‘700
Il secondogenito del Re Carlo ha chiesto 500mila euro per pirateria informatica
Il Principe Harry è impegnato in queste settimane in diverse vicenda legali, una delle quali lo vede muovere contro il Mirror, con l’accusa di pirateria informatica. Causa per la quale il secondogenito del Re Carlo d’Inghilterra avrebbe chiesto un risarcimento di 500mila euro.
Secondo quanto si apprende dai media locali, il Principe Harry, attualmente impegnato in una causa legale contro il Mirror Group Newspapers, avrebbe chiesto al quotidiano 500mila di risarcimento per pirateria informatica. L’avvocato del Duca di Sussex avrebbe spiegato, a sua volta, il perché di una somma così alta chiamando in causa un spazzacamino vissuto nel ‘700. Si tratta di un processo durato sette settimane, nel quale sono stati esaminati 33 articoli pubblicati tra il 1996 e il 2009. Articoli, secondo quanto afferma il secondogenito del Re Carlo, sarebbero provenienti da informazioni illegali. E più precisamente tramite intercettazione di messaggi telefonici.
Le intercettazioni ai danni del Principe Harry
Che il Principe Harry abbia sempre fatto parlare di sé per questioni, a volte, controcorrente rispetto alla corona britannica non è una novità. Tuttavia, il Duca di Sussex non ha accettato che alcune informazioni sulla sua vita privata fossero state diffuse senza il suo consenso. Pertanto la causa contro il Mirror Group Newspapers. Testimoniando in aula, il secondogenito dell’attuale Re d’Inghilterra è diventato il primo reale in 130 anni a presentarsi sul banco dei testimoni. Tra le accuse del Duca di Sussex (proprio per non farsi mancare nulla) anche alcune frasi rivolte contro il Palazzo reale. Quest’ultimo tacciato di essere al corrente della diffusione di informazioni illegali sul suo conto.
Secondo quanto avrebbe confessato il Principe Harry in Tribunale, le continue intrusioni nella sua vita privata da parte della stampa lo avrebbero condotto, persino, ad attacchi di depressione e paranoia. Tra gli articoli sotto accusa una prima pagina del Daily Mirror che raccontava il modo in cui il Duca di Sussex avesse concluso la sua relazione con Chelsy Davy. L’articolo in questione, secondo l’accusa, conteneva dei dettagli troppo specifici che farebbero supporre l’intercettazione di alcune telefonata tra gli allora fidanzati. Un altro articolo citato è quello del Sunday People del 2003, nel quale si parlava di un litigio fra i fratelli Windsor rispetto all’opportunità di incontrare il maggiordomo della madre Lady Diana. Ed anche in questo caso si parla di messaggi troppo privati e allo stesso tempo troppo fedeli allo scambio di battute tra il Principe William e il Principe Harry.
Il caso dello spazzacamino
Nonostante nessun giornalista abbia confessato di aver ascoltato le conversazioni private del Duca di Sussex, entrambe le parti si sarebbero trovate concordi nell’affermare che nei primi Anni 2000 l’hacking telefonico delle celebrità fosse molto diffuso. Il Mirror, però, sosterebbe che le informazioni sul Principe arrivassero da investigatori privati e non da attività illegali. Ed è proprio in questo contesto, come spiegherebbe anche un articolo di Vanity Fair, che l’avvocato del Principe Harry ha chiamato in causa uno spazzacamino del ‘700.
In pratica, il team legale, avrebbe raccontato che il giovane Armory, nel 1722, dopo aver trovato un gioiello lo portò a un orafo per farlo valutare. L’orafo, però, rubò il gioiello allo spazzacamino restituendogli la scatola vuota. A quel punto il Giudice che aveva affrontato la causa stabilì che, in assenza del gioiello originale, si dovesse presumere che fosse del valore più alto possibile. Dunque, ecco spiegata la richiesta dei 500mila da parte dei legali del Duca di Sussex. Ovvero, in assenza di prove (si ipotizza distrutte) il risarcimento dovrebbe equivalere al valore del danno massimo. Non resta che aspettare, a questo punto, la sentenza del giudice.