Addio Raffaella Carrà: storia di una ragazza semplice che diventa un’icona
Le gambe, gli scandali e la rivoluzione del costume tra cinema, tv e musica
Di fronte al lutto per la scomparsa di Raffaella Carrà riproponiamo di seguito l’articolo che VelvetMAG le ha dedicato in occasione del suo 77esimo compleanno. È proprio rileggendolo che ci rendiamo conto di come omaggiarla senza parlare di festa, di rivoluzione del costume e di spensieratezza sia praticamente impossibile. BUON VIAGGIO RAFFAELLA.
77, le gambe delle donne
Le sue non erano certo perfette, ma le gambe della Carrà in RAI erano un’istituzione e valevano un cachet da far impallidire. Merito del modo in cui le muoveva, agili, scattanti, toniche e promiscue. In fondo non è un caso che Raffaella sia nata come ballerina e non come soubrette (formandosi all’Accademia Nazionale di Danza) per poi scoprirsi icona pop, icona gay, icona di stile, icona di Capodanno e d’ogni altra festa, icona e basta. Lunghe, anzi chilometriche, velate appena da una calza nera venti denari e da uno stacco di coscia senza il quale il Tuca Tuca sarebbe stato meno impressionante: 77 le gambe delle donne!, chiama la tombola napoletana. E quelle di Raffaella Carrà, che oggi di candeline ne spegne altrettante 77, sembravano un’autostrada infinita su cui poter ballare “mi piaci, mi piaci, mi piaci, mi piaci, mi pia’...”. Ma è con qualcos’altro che, al sorgere degli anni Settanta, Raffaella ha davvero rivoluzionato il costume della televisione italiana.
70, Ma che scandalo, maestro!
“l mio ombelico nudo veniva fuori da un completo studiato da un costumista della Rai, ora non ne ricordo il nome – ha raccontato Raffaella Carrà molti anni dopo, nel 2018, durante una cerimonia all’Auditorium Parco della Musica di Roma – Ma le ragazze d’estate già giravano così, con la pancia scoperta e i pantaloni lunghi. Io non mi sono fatta problemi a farlo vedere in tv. Ero libera. Anche i ‘colpi di testa’ erano il segno della libertà dalla lacca, dalle sovrastrutture, dalla rigidità. Io ero così, senza costrizioni”.
Nell’autunno del 1970 fu colpo di testa, libertà e scandalo: le bastò scoprire quell’ombelico accanto ad un uomo, il conduttore Corrado Mantoni, durante la messa in onda RAI di Canzonissima. La sigla era “Ma che musica maestro”, il singolo di debutto della Carrà prodotto dalla RCA. “Viva le feste” cantava una giovanissima Carrà muovendo l’ombelico nudo a ritmo ancheggiante. Boom, delirio, follia, inaccettabile. Ma i tempi stavano cambiando e scandalo fece stranamente rima con classifica, successo e dunque soldi: il singolo raggiunse velocemente la vetta e conquistò le 200.000 copie. Stava per nascere una stella.
Tocca-Tocca
Raffaella tornò presto e ancora più carica. Di nuovo con le sue gambe imperfette ma vertiginose, e con un ombelico scoperto che forse qualcuno si aspettava da lei, ma che accompagnato ad un brano erotico e beffardo mandò in tilt l’Italia intera. Era il momento del Tuca Tuca, la creatura geniale costruita addosso a Raffaella da Gianni Boncompagni. Era il momento di un nuovo scandalo, quello definitivo. Stavolta il suo complice fu Enzo Paolo Turchi, ‘vittima sorniona’ di un balletto-duetto che era tutto un tocca-tocca. Lo è tutt’ora: lo usiamo noi giovani per flirtare alle feste e funziona meglio di Beyoncé. All’epoca invece ci fu bisogno dell’intervento di Alberto Sordi, che barattò la sua partecipazione a Canzonissima con il posto di Enzo Paolo Turchi nel balletto insieme a Raffaella. Se lui lo trovava divertente, poteva star bene anche al resto d’Italia, no? Un gesto da maestro che consacrò definitivamente la Carrà, con il benestare del pubblico sbigottito e della rete allarmista. Da qui in poi, ovviamente, è storia.