Il volto di Alex Zanardi è iconico; rappresenta la passione, la forza, l’energia e la bellezza dello sport. Una vita fatti di successi, di momenti bui, dolorosi ma anche di grande coraggio. Nasce come pilota automobilistico, poi la vita, o meglio una brusca sterzata della vita, lo ha portato verso altre mete, lo ha portato a reinventarsi a dover riscrivere la propria storia.
La sua storia sulle ruote
Questo spazio non basterebbe a raccontare Alex e tutte le sue sfide in pista. Era giovanissimo, aveva solo 14 anni quando il papà gli regalò il suo primo kart. Fu amore a prima vista, anzi, a primo rombo. Un legame indissolubile quello tra Zanardi e i motori. Non servì molto tempo per capire che la sua strada sarebbe stata quella. Pronto a sfidare il mondo, studiò, si impegnò, mise tutto se stesso per diventare il migliore: tra la metà degli anni ’80 e gli inizi dei 2000 Zanardi fu inarrestabile.
Un successo dopo l’altro. Quasi come se fosse tutto già scritto; iniziò a farsi valere con i kart, nel 1985, quindi a pochissimi anni dall’esordio, portò a casa un’importante soddisfazione correndo, come pilota non ufficiale, nel team di Achille Parrilla: si aggiudicò il titolo italiano vincendo quasi tutte le gare tranne una. Da lì fu tutto in discesa, replicò quel traguardo anche nel 1987. Fu solo nel 1991 che arrivò in Formula 1; i successi in formula 3000 avevano convinto tutti. Le buone prestazioni degli esordi lo portarono alla Lotus per la stagione 1993-94. Il tempo scorreva veloce, di pari passo alla crescita di Zanardi: era diventato un pilota da temere. Nel ’95 si interruppe il percorso italiano e si avviò quello americano che gli regalò non poche soddisfazioni. Tornato in Italia nel ’98 dovette fare i conti con una serie di delusioni a livello tecnico. Si sentiva limitato dal mezzo e da alcuni episodi che lo avevano fermato in pista e allora decise che era tempo di fare un passo indietro e di tornare alle origini.
L’incidente: una nuova vita per Alex Zanardi
I campioni, quelli veri, a volte devono affrontare sfide che vanno ben oltre la pista, ben oltre il malfunzionamento di un elemento tecnico. Alex Zanardi avrebbe dato tutto per quei motori, gli stessi che prima lo hanno premiato e poi tradito; gli stessi che prima gli hanno dato e poi tolto qualcosa. Un terribile incidente, quel terribile incidente.
Tornato negli Stati Uniti e nel team di Mo Nunn Zanardi si presentò carico all’appuntamento europeo del 2001 Lausitzring nel CART. Non partiva certo da favorito, ma aveva voglia di dimostrare che c’era e che non si sarebbe arreso. A tredici giri dalla fine accadde qualcosa di impensabile: Zanardi perse il controllo della vettura che si intraversò sulla pista. Carpentier e Tagliani arrivavano a tutta velocità: il primo riuscì a schivarlo, il secondo no. Lo scontro fu violentissimo il mezzo di Zanardi fu spezzato a metà. Non era difficile comprendere in che condizioni fosse Alex; nonostante i tempestivi soccorsi, l’amputazione delle gambe fu inevitabile. Qualche tempo fa, in merito all’incidente ha raccontato ai microfoni de La Stampa: “Sono stato anche oggetto di studi perché sono sopravvissuto con meno di un litro di sangue in corpo per 50 minuti. Fortunatamente è andata così e ora siamo qui a chiacchierarne. Sono orgoglioso di aver sovvertito il pronostico, ma appartiene al passato e c’è un futuro che sto ancora riscrivendo”.
“C’è un futuro che sto ancora scrivendo”
Sì perché Alex non si è arreso, nonostante l’orrore, la sofferenza, la perdita, non ha mai smesso di correre, di sognare. La sua tenacia l’ha poi portato a diventare anche campione paralmpico di handbike. E se questo non dovesse bastare, di seguito le sue parole (estratto intervista de La Stampa): “Ognuno di noi ha il proprio modo di reagire, che quasi sempre sorprende anche noi: me l’avessero detto prima, magari avrei pensato che mi sarei ammazzato, cosa che poi non mi è venuta in mente. Il mio caso non è l’unico e non è nemmeno raro. Forza e resistenza, a loro livello massimo, alla mia età, ce le ho già alle spalle… posso solo pensare di perdere il meno possibile con l’allenamento e un giusto stile di vita. Questo non significa avere un atteggiamento da perdente: faccio valere la mia esperienza, ma quando mi trovo negli ultimi metri mi strappo le spalle pur di guadagnare un centimetro”.