Coronavirus: non si parla d’altro ma le domande e i dubbi rimangono forti e, soprattutto, sembrano moltiplicarsi di giorno in giorno. Una su tutte: cosa succederà nei prossimi mesi in Italia?
Ha tentato di dare una risposta esaustiva il virologo Fabrizio Pregliasco, intervenuto in occasione dell’ultima puntata di Otto e Mezzo, in onda su La 7. Il virologo ha subito sottolineato che, secondo il suo parere, l’elemento davvero allarmante del coronavirus è la sua contagiosità:
«La diffusione che abbiamo visto in Italia del virus la vedremo anche nelle altre nazioni. Oggi non avendo vaccini abbiamo solo gli strumenti del 1300 che sono la quarantena, l’isolamento e la riduzione dei possibili contagi: è una medicina amara che però ha un doppio valore, quello simbolico dato dalla nostra voglia di voler contenere il contagio e quello effettivo» – per questo, ha spiegato il dottor Pregliasco – «I comportamenti individuali faranno la differenza».
Dott. Pregliasco: «Il coronavirus non è un’influenza usuale. I prossimi mesi saranno i più duri»
Resta il fatto che in questo momento anche l’Italia sta affrontando una situazione di emergenza, sulla quale il virigolo ha provato a far chiarezza con queste parole: «Il coronavirus è qualcosa di nuovo, ha caratteristiche diverse da una usuale influenza: i prossimi mesi? Saranno i più duri» – proseguendo poi:
«In effetti è un qualcosa di nuovo, noi abbiamo esperienze e modelli che si rifanno ad altre patologie. Questa nuova evidenza ha sfaccettature diverse, l’influenza è una cosa e il Coronavirus ha caratteristiche diverse: non è un’influenza usuale: il 10 per cento delle persone che ha questa malattia ha bisogno di un sostegno respiratorio, sono più impegnativi e più costosi da curare».
Ma come si sta attrezzando l’Italia per contenere, gestire e soprattutto far rientrare una condizione di emergenza “nuova”, come l’ha definita proprio Pregliasco? «Ci stiamo attrezzando a scenari pesanti che durano 2-3 mesi e questo dobbiamo farlo nella speranza di riuscire in questo modo a governare una situazione che andrà verso una risoluzione, ma non immediata».
Maria Rita Gismondo: «Tra 14-18 giorni potremmo trarre delle conclusioni»
Ad unirsi al coro degli esperti che stanno provando a contenere l’allarmismo dei cittadini – quello che la stampa ha comunemente definito “psicosi da coronavirus” – è intervenuta anche Maria Rita Gismondo, direttrice di Microbiologia clinica dell’ospedale Sacco di Milano. Sui punti caldi della questione – la contagiosità del virus e il suo contenimento – ha espresso parole chiare:
«L’unica arma che abbiamo contro il coronavirus è il contenimento. Anche se la natura non ha confini, i virus si diffondono. Si è diffusa la spagnola, l’asiatica e l’Hong Kong. È inutile creare barriere, i controlli possono rallentare ma non bloccare del tutto la diffusione. Non ha senso valutare i numeri di pochi giorni. Serve tempo, se un giorno abbiamo un decremento non significa che l’epidemia stia finendo, così come se abbiamo un incremento non significa che stia peggiorando. Appena passati 14-18 giorni cominceremo a trarre delle conclusioni».