«Paul McCartney è morto tre anni fa in un incidente stradale». Furono queste le parole che il dj Russell Gibb sentì pronunciare dall’altro capo della cornetta la sera dell’11 ottobre 1969, e di cui lo speaker raccontò il giorno successivo, mentre si trovava alla conduzione di una trasmissione radiofonica sulla rete WKNR. Il misterioso interlocutore, che si presentò con il nome di H. Alfred, gli assicurò che si trattava di una notizia vera: il cantante e bassista dei Beatles, allora all’apice della carriera, era morto alle 5 del mattino di mercoledì 9 novembre 1966, a seguito di un incidente stradale. Per dare credito alle sue parole, lo invitò a controllare meglio le copertine dei dischi della band inglese e ad ascoltare con maggiore attenzione i loro brani.
Gli indizi della presunta morte di Paul McCartney
Da quel momento la notizia si sparse e la leggenda della morte di Paul McCartney (talvolta citata con l’acronimo PID, che significa Paul Is Dead) si fece sempre più concreta, alimentata di volta in volta da nuove prove. Come suggerito dal misterioso informatore, gli indizi vennero cercati all’interno dei brani e degli album dei Beatles. I più accreditati e, secondo i fautori della teoria, schiaccianti, sono quelli che possono essere ritrovati sulla copertina dell’album Abbey Road.
Nell’immagine si vede la band attraversare la strada in fila e, dalle movenze e dagli abiti, potrebbe sembrare una processione funebre in cui John Lennon, vestito di bianco, potrebbe far pensare al sacerdote. Paul, nella foto, è l’unico a piedi scalzi e con un passo diverso rispetto agli altri, quasi a voler sottolineare la sua estraneità rispetto agli altri membri della band. Inoltre gli occhi dei fautori della tesi si sono concentrati sulla targa del Volkswagen Maggiolino bianco parcheggiato a sinistra. Qui si legge “28IF“: 28, gli anni che Paul avrebbe avuto se (IF) fosse stato ancora vivo.
Altri indizi
Non solo Abbey Road. Anche la copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band conterrebbe numerosi indizi a sostegno della leggenda della morte di Paul McCartney. Tutti i Beatles, vestiti di nero, starebbero partecipando ad una sorta di funerale del bassista. La composizione floreale gialla in basso a destra sembrerebbe avere la forma di un basso Hofner mancino, lo strumento che suonava Paul. La peculiarità? Avrebbe solo tre corde, metaforicamente i tre membri della band rimasti in vita. Grande curiosità ruota anche attorno alla grancassa centrale: se si prende uno specchio e lo si appoggia in modo tale che esso tagli a metà la scritta “Lonely Hearts”, si legge 1ONE IX HE DIE: il 9 novembre egli è morto.
Un altro importante indizio, secondo i cospiratori, si troverebbe alla fine del brano I’m So Tired in cui si sente uno strano e indecifrabile mormorio di Lennon. Ascoltato al contrario, il cantante sembrerebbe dire: «Paul is dead, man: miss him, miss him, miss him».
Il sostituto
Certo, la presunta morte di Paul McCartney lascia una questione scoperta: chi sia l’uomo che, da quel 9 novembre 1966, lo ha sostituito all’interno della band e che poi ha proseguito la sua carriera da solista. Stando alle più accreditate fonti dietro alla leggenda si tratterebbe di William Stuart Campbell, un attore dalle origini scozzesi che, simile al bassista, accettò di sottoporsi ad una serie di interventi chirurgici per rendere ancor più evidente la somiglianza. Secondo altre indiscrezioni il sostituto, il cosiddetto Faul (da Fake-Paul), sarebbe William Sheppard, un ex poliziotto canadese. A conferma della teoria ci sarebbe un’analisi biometrica, portata avanti dall’informatico Francesco Gavazzeni e il medico legale Gabriella Carlesi, che evidenzierebbe che i due Paul McCartney, quello prima del 1966 e quello dopo il 1966, potrebbero essere due diverse persone.