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Desireé Mariottini, il corpo rivela una pista: emergono nuove tracce di Dna

Forse è ancora presto per parlare di risoluzione del caso ma la svolta sul caso di Desireé Mariottini potrebbe essere vicina. Emergono infatti tracce di dna sul corpo della ragazza; tracce che saranno presto confrontate con quelle dei 4 indagati fermati per il brutale omicidio della giovane sedicenne ritrovata morta nel quartiere San Lorenzo di Roma. 

Desirée Mariottini, la verità scioccante: vergine quando è stata violentata

Desirée Mariottini era vergine prima di essere violentata. Un dettaglio, questo, che dimostra che la sedicenne di Cisterna di Latina non si è mai concessa in cambio di droga. “Desirée Mariottini è deceduta a seguito di una crisi cardiocircolatoria. Inoltre, nel corso dell’esame autoptico si è riscontrata una recentissima rottura imeneale”  è questa l’indiscrezione emersa dall’autopsia eseguita dal medico legale e riportata sul settimanale Giallo. Il branco avrebbe approfittato di lei perfino mentre era incosciente: la posizione degli indagati si aggrava.

La tragedia è avvenuta a Roma, nel quartiere San Lorenzo, nella notte fra il 18 e il 19 ottobre. Desirée è stata prima drogata e sedata con potenti psicofarmaci, poi violentata ripetutamente. Infine, è stata lasciata morire nell’indifferenza generale. Nessuno, come scrive Giallo, in quel maledetto edificio di Via dei Lucani, ha mosso un dito per aiutarla. Anzi, la giovane sarebbe stata violata perfino da morta. Diventerebbe davvero difficile, quindi, sostenere l’ipotesi secondo cui la sedicenne si sarebbe fisicamente offerta per ottenere, come contropartita delle sue prestazioni, alcune dosi di sostanze stupefacenti.

Desirée vittima del branco

“I risultati dell’autopsia – viene evidenziato da Giallo – hanno fatto emergere tutta la verità sulla tragica fine della povera ragazzina. E allora lo ripetiamo ancora una volta: Desirée non si è affatto concessa ai suoi aguzzini in cambio di dosi di droga. Non lo ha fatto in quei tragici giorni di ottobre e non lo aveva mai fatto prima di allora. È stata vittima della crudeltà di un branco di quattro uomini senza scrupoli“. Chi ha descritto la povera giovane come una persona disposta a tutto pur di accedere a delle dosi di droga, insomma, è in torto.

Nelle carte in mano al giudice per le indagini preliminari, si legge: “La condizione di incoscienza in cui si trovava la ragazza e che diventa con il trascorrere delle ore sempre più grave e intensa è riconosciuta da tutti coloro che sono presenti nel palazzo. Essa è chiara a coloro che l’hanno procurata, a coloro che ne approfittano, ai soggetti intervenuti per prestare ausilio, nonché a coloro che tale soccorso impediscono”.

Gli indagati

Sono Mamadou Gara detto Paco, 27 anni, del Senegal; Brian Minteh detto Ibrahim, 43 anni, anche lui senegalese; Chima Alinno detto Sisco, 46 anni, della Nigeria e Yusif Saliadetto Youssef, 32 anni, del Gambia. Due di loro, Paco e Youssef, sono in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Per gli altri due, Ibrahim e Sisco, è decaduta l’accusa di violenza di gruppo. Tuttavia entrambi restano indagati per la morte di Desirée e sono ancora in carcere con l’accusa di spaccio di droga.

Desirée Mariottini, il racconto scioccante: “Ci hanno impedito di soccorrerla”

E’ scioccante il racconto fatto da un immigrato africano agli inquirenti che indagano sulla morte di Desirée Mariottini. La sedicenne di Cisterna di Latina, ricordiamo, morì in uno stabile situato nel quartiere San Lorenzo a Roma. Il testimone è uno degli abitanti della struttura abbandonata in via dei Lucani 22. La notte tra il 18 e il 19 ottobre è rimasto nel fabbricato, assistendo alla morte della ragazza. L’uomo ha fornito dettagli importanti che hanno permesso di ricostruire le lunghe ore di agonia di Desirée. Il teste ha spiegato per filo e per segno gli autori delle violenze, lo spaccio di droga e farmaci e l’abbandono della giovane. 

Come scrive Repubblica, il testimone, di origine africana, si è presentato spontaneamente dagli inquirenti per raccontare quanto ha visto nello stabile. E il quadro che ha delineato lunedì a palazzo di Giustizia ha permesso di puntellare le accuse e indirizzare con più precisione le contestazioni a carico dei quattro indagati per omicidio volontario ( Mamadou GaraBrian Minteh, Alimno Chima e Yusif Salia), dando il via a una nuova tornata di interrogatori. La versione del teste è ritenuta attendibile e potrebbe essere la chiave di volta di un’indagine non semplice. Gli inquirenti, infatti, si sono trovati davanti uno spaccato fatto di mezze verità e ritrosie.

Il teste, invece, ha fornito un quadro chiaro: lo spaccio in dosi massicce di cocaina, eroina e farmaci per poter violentare Desirée. Gli abusi sessuali e la scelta di lasciarla morire quando si è presentata l’insufficienza respiratoria, impedendo alle persone che erano nella struttura di soccorrerla. Stando a varie testimonianze, infatti, sarebbero state diverse le persone che volevano chiamare i soccorsi e alle quali è stato impedito.

Desirée Mariottini: confermata accusa di omicidio per il senegalese

Confermata l’accusa di omicidio per Mamadou Gara. Il 26 enne senegalese è stato arrestato per la morte di Desirée Mariottini. L’imputazione più grave nella morte della ragazza era stata esclusa nella stessa fase di giudizio per Chima Alinno e Brian Minteh, due dei quattro arrestati. Ora è confermata solamente per il senegalese Gara. 

Nel suo caso, non solo si parla di assassinio ma i giudici hanno riconosciuto anche la violenza sessuale di gruppo, sposando in pieno, di fatto, l’impianto accusatorio messo in piedi dalla Procura di Roma. Mercoledì, davanti al gip, si era svolto nel carcere di Regina Coeli anche l’interrogatorio di Marco Mancini, il romano di 36 anni accusato di aver venduto agli aguzzini gli psicofarmaci utilizzati nel mix letale che ha stroncato l’adolescente. Per lui c’è stata la convalida del fermo e dell’ordinanza di custodia cautelare ma il gip Maria Paola Tomaselli aveva fatto cadere l’aggravante della cessione di sostanza stupefacente ad un minorenne.

E dalla Puglia arrivano anche le parole di Yusif Salia, il ghanese di 32 anni, il quarto uomo arrestato in un ghetto pieno di baracche alle porte di Foggia. “Io non ero lì quella notte, non ho dato droga a Desirée“, questa la sua linea difensiva. E ha aggiunto: “Ho avuto rapporto con lei, le avevo chiesto di venire via con me”, dichiarandosi completamente estraneo alla morte della sedicenne. Salia è stato sentito dal gip del Tribunale di Foggia, Carmine Corvino, su rogatoria del gip Tomaselli.

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