Le gemelline Alessia e Livia Schepp sono scomparse il 30 gennaio 2011 e mai più ritrovate. Rapite dal padre, Matthias Schepp, probabilmente sono andate incontro ad un destino crudele. La mamma, Irina Lucidi, da ormai 8 anni vive con la speranza che possano non essere morte ma essere state prelevate. Il caso della scomparsa delle gemelline Alessia e Livia Schepp ha colpito il cuore di molti italiani. Nel 2011 il rapimento da parte del padre, Matthias Schepp e poi non si è più saputo nulla di loro. O quasi. Tre lettere, praticamente contraddittorie, sono state recapitate alla mamma delle bambine, Irina Lucidi, che da 8 anni vive con il dubbio atroce di che fine abbiano fatto le sue adorate figlie.
La prima, una lettera anonima, in sostanza sostiene che le gemelline sarebbero vive e che ora vivano adottate da una famiglia spagnola. Secondo l’autore di questa testimonianza scritta, il papà non le avrebbe uccise ma soltanto rapite e abbandonate prima di togliersi la vita. Da cui il ritrovamento da parte di alcune persone che le avrebbero prese a vivere con loro.
Di tutt’altro tenore il contenuto delle due lettere arrivate in Svizzera e spedite da Matthias Schepp alla moglie, una da Tolone, l’altra da Cerignola. “Le ho uccise” scrive l’uomo. E poi: “Le bambine riposano in pace, non hanno sofferto. Non le rivedrai più“. Una lettera che getta nello sconforto non solo la madre delle due gemelline di sei anni sparite con il padre ma anche gli inquirenti che cercano ancora senza sosta di venire a capo del complicato puzzle di spostamenti dell’uomo. A rapire le bambine, nel 2011, è stato proprio lui che tre giorni dopo si è suicidato buttandosi sotto un treno in corsa a Cerignola, in provincia di Foggia. Il padre delle gemelline “era mentalmente malato, aveva un grave disturbo”, dice la famiglia. La sorella lo racconta come “incredibilmente paterno, premuroso, gentile e dolce”, difficile immaginare un disagio tale da renderlo capace di tanto.
La ricostruzione
Le piccole furono prelevate dal padre per l’ultimo weekend di gennaio, ecco le tappe del viaggio che si concluse con la scomparsa delle piccole e e la morte di Schepp. Matthias Schepp, 44 anni, prende le piccole per il fine settimana dal 29 e 30 gennaio dalla casa in cui vivono con mamma Irina a Saint Sulpice, comune svizzero del Canton Vaud. La sera di domenica 30 invia un messaggio alla ex moglie per comunicarle che l’indomani avrebbe portato lui Alessia e Livia a scuola. Non lo fa e parte parte in auto con loro in direzione Marsiglia, da dove invia una cartolina alla moglie in cui le dice che non riesce a vivere senza di lei. Poi preleva 7.500 euro e la sera si imbarca sul traghetto ‘Scandola’ diretto in Corsica, a Propriano.
Lì padre e figlie vengono visti da una testimone la mattina del primo febbraio, intorno alle 9,30. Matthias si dirige in auto verso il nord est dell’isola, facendo un tragitto di tre ore e giungendo a Bastia dove si imbarca – da solo – sul traghetto per Tolone. Giunti nella città del Sud francese, la mattina del 2 febbraio si dirige verso la frontiera italiana, dove la sua auto viene registrata a Ventimiglia . Passa per Vietri e arriva infine a Cerignola, dove si uccide gettandosi sotto un Eurostar Milano-Bari in transito.
La madre: “Oggi vivo così”
In una recente intervista al Corriere della Sera, Irina ha raccontato la sua nuova vita, caratterizzata da una reazione eccezionale, frutto proprio di quella disperazione. La donna ha raccontato del viaggio in Asia che le ha cambiato la vita, dopo la scomparsa delle figlie.
“L’Asia mi ha fatto bene e mi hanno fatto bene i sorrisi splendenti dei tanti bimbi che ho conosciuto. A Yogyakarta, sull’isola di Giava, ho dormito nei villaggi con le famiglie, andavo nelle scuole a insegnare un po’ di inglese agli studenti e loro mi seguivano per le strade, nei musei. La prima volta che ho visto una classe di bambini a piedi nudi ricordo che ho pensato a Matthias (il suo ex marito, ndr.). I miei pensieri gli hanno detto: quanto sei stato stronzo. Guarda questi bimbi, hanno i sorrisi fino alle orecchie e sono felici eppure non hanno niente e invece tu avevi tutto e l’hai buttato via senza un motivo ed eri ricco, nel Paese più ricco del mondo”.
E di lì la svolta, commovente. In Svizzera, infatti, ora c’è la sede della fondazione Missing Children, messa in piedi proprio da Irina con alcuni amici. “Le mie gemelline – racconta Irina – sono sempre rimaste qui, accanto a me. Ce le ho negli occhi, sulla pelle… Trasmettono la vitalità che soltanto i bambini sanno come e dove trovare“.