Era il 30 gennaio 2002 quando in una villetta di Cogne, in Valle d’Aosta, moriva Samuele Lorenzi, il figlio di Anna Maria Franzoni e suo marito. Un delitto efferato di cui viene fin da subito sospettata la madre, che sarebbe stata l’ultima a vederlo vivo. Lei si è sempre proclamata innocente ma la giustizia aveva deciso diversamente. Dopo aver scontato una pena di 16 anni, ridotti a 3 grazie all’indulto e a ulteriori giorni di liberazione anticipata, oggi Anna Maria è una donna libera.
A proposito della sua capacità genitoriale si è discusso a lungo. Alcuni sono categorici nell’affermare che avrebbero dovuto impedirle di occuparsi dei suoi stessi due figli. Altri non hanno mai smesso di difenderla. “Io posso dire che quando i nostri bambini erano piccoli lei faceva da baby-sitter”, ha dichiarato un suo vicino di casa. E, alla domanda sull’opportunità di affidarglieli anche oggi, dopo aver subito tre gradi di giudizio, l’uomo conferma la sua risposta positiva.
“Da un lato sono contenta, dall’altro vorrei trovare la maniera di far capire alla gente che non sono stata io“. Sarebbero state queste le sue prime dichiarazioni, rilasciate alle persone a lei vicine. La donna ha sempre detto di essere innocente per l’omicidio del figlio Samuele. Tutt’oggi continua a sostenerlo, parlando con le persone che la circondano nella vita quotidiana.
Dell’espiazione della pena, secondo quanto riporta l’Ansa, il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha informato la donna. Quest’ultima era in detenzione domiciliare dal 2014 a Ripoli Santa Cristina, località dell’appennino bolognese. Qui, assieme al marito Stefano Lorenzi e ai figli Gioele e Davide, si era trasferita una volta lasciata la Valle. La 47enne aveva già comunque ottenuto, in precedenza, il beneficio del lavoro esterno in una cooperativa sociale e alcuni permessi per stare a casa con i figli, di cui il minore nato un anno dopo i fatti che scossero la nostra regione e il resto d’Italia.
L’avvocato su Anna Maria Franzoni: “Bisogna dimenticarla”
“L’appello che ho sempre rivolto da quando è iniziata l’esecuzione della pena e che rivolgo anche oggi è di dimenticarla” afferma Paola Savio, legale della donna. “Mi rendo conto – prosegue – che in vicende giudiziarie così spettacolarizzate nel corso degli anni è difficile, ma occorre pensare che ci sono familiari che hanno sofferto con lei“. Solo gli ergastoli, ha detto ancora, “non finiscono mai, le altre pene finiscono e anche per lei è finita“.
“Io posso dire che quando i nostri bambini erano piccoli lei faceva da babysitter”. Glieli affiderebbe anche oggi? “Certo”. Ne è convinto Antonio Bignami, che vive di fronte alla casa dove da poco tempo si è trasferita Annamaria Franzoni, a Monteacuto Vallese, sull’Appennino bolognese. La donna è uscita dal carcere da qualche giorno: uscita in anticipo, grazie alla buona condotta avuta durante la sua permanenza in prigione.
“Per me sono una famiglia di persone assolutamente equilibrate, brave. È chiaro che anche nelle persone più equilibrate un colpo di follia può succedere”, ha detto ad Ansa. Quando gli chiedono se crede che la donna sia innocente, ha risposto di non sapere cosa pensare: “Io non sono un investigatore. Io guardo da fuori. Può essere stata lei o può non essere stata lei. Io non lo so, non lo posso sapere, sono uno che vive qua”, dice ancora il vicino. Bignami ha detto di non aver mai parlato dell’omicidio con la donna, ma gli ha ribadito di essere innocente: “Quello lo dice a tutti, credo”.
L’ex avvocato della Franzoni Carlo Taormina, ai microfoni di L’italia s’è desta di Radio Cusano Campus si è detto invece convinto della non colpevolezza: “Secondo me la Franzoni rimane innocente. I magistrati non hanno fatto il loro dovere in quel processo non approfondendo le piste alternative”. Inoltre, le prove portate dell’accusa sarebbero deboli. A suo parere “è stata condannata sulla base di un materiale probatorio assolutamente inadeguato e mai più utilizzato successivamente”.
Gli abitanti di Cogne sembrano pensarla diversamente. “Se potevano, incastravano gente del posto, vicini di casa. Io queste persone le conoscevo sì e no, però se stanno a casa loro è meglio”. E’ uno dei commenti raccolti in un servizio della Tgr Rai della Valle d’Aosta tra la popolazione del paese dove 17 anni fa fu ucciso il piccolo Samuele Lorenzi. “Sarà meglio che non venisse più a Cogne perché ha fatto troppe cose che non vanno”, dice un’altra residente.
“Ha incolpato dei poveracci – le fa eco un altro – che forse non potevano neanche difendersi. Quella è stata la cosa che non possiamo perdonare”. Ancora: “Il padre, e il marito, tutti, hanno cercato di colpire la gente di qua, al massimo che si poteva. Hanno fatto delle falsificazioni enormi”. Ma c’è anche chi ha un’altra idea: “Per Cogne è quasi stata una pubblicità. Tanta gente che è venuta per vedere questa casa qui. Ancora adesso c’era gente che chiedeva dov’era la casa della Franzoni”.