Nella puntata di questa sera, Chi l’ha visto? tornerà ad occuparsi del caso di Marco Vannini. Marina Conte, la mamma del bagnino 20enne ucciso con un colpo di pistola dal padre della fidanzata, sarà ospite in studio da Federica Sciarelli. La donna non si arrende: vuole giustizia per la morte di suo figlio. La sentenza d’appello che ha ridotto la pena (da 14 a 5 anni) per Antonio Ciontoli ha fatto molto discutere. Per l’uomo è stato, infatti, derubricato il reato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo. Confermate invece le pene a 3 anni per la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina; assolta di nuovo Viola Giorgini. “Marco è morto e queste persone che hanno ucciso mio figlio la fanno franca” il commento di Marina che poi aggiunge: “La vita di Marco non vale cinque anni di carcere“.
“Le indagini ripartano da zero, lo chiederò al ministro Bonafede – afferma la donna. – Il ministro della Giustizia mi ha chiamato invitandomi in Parlamento, colloquio che avverrà entro due settimane. Non vedo l’ora di dirgli di persona cosa penso delle attività investigative svolte sulla morte di mio figlio. E cosa penso del processo in generale: uno scandalo“, ribadisce la mamma del 20enne. Tanti sono infatti i punti oscuri sulla vicenda. Molti aspetti di quanto dichiarato dai Ciontoli riguardo quella maledetta sera del 17 maggio 2015 non tornano alla famiglia Vannini.
“Martina era a conoscenza della verità”
Marina è sicura: “Mio figlio non avrebbe mai permesso che Ciontoli entrasse in bagno mentre era in doccia. L’unica stanza ordinata e ripulita in modo maniacale era quella di Martina, di solito disordinata. Una coincidenza o la sua camera è stata rimessa a posto?“. I dubbi di Marina Conte sono anche sul ruolo di Martina, la fidanzata di Marco: “Non riesco a comprendere come si possa credere al fatto che Martina fosse in un altro luogo della casa, lei era a conoscenza della verità. Marco soffriva con un proiettile nel corpo che già gli aveva trapassato polmone e cuore e le sue urla si sentono benissimo nelle registrazioni telefoniche del 118“.
Che fine ha fatto la maglietta di Marco?
Per la famiglia Vannini, le indagini dei carabinieri e della Procura di Civitavecchia non sono state eseguite correttamente. Fra i vari errori: la decisione di non sequestrare la villetta ed il telefonino di servizio di Antonio Ciontoli; la scelta di non utilizzare il luminol per scoprire le tracce di sangue ed eventualmente confrontare gli esiti con le deposizioni dei Ciontoli davanti ai giudici. “Una vergogna tutto questo, anche il fatto che non si sia mai cercata la maglietta che indossava Marco quella sera, una canottiera rossa. È stata bruciata? È stata nascosta?” dice Valerio Vannini, padre di Marco.
C’è poi la riproduzione dello sparo, chiesta dal generale Luciano Garofano, consulente della famiglia e non accettata dalla Corte d’Assise di Roma. “Oltre ad Antonio Ciontoli, gli altri familiari presenti in casa non potevano non riconoscere il rumore prodotto da un colpo di pistola in un ambiente chiuso. Un suono equivalente all’azionamento di un martello pneumatico da 130 decibel” dichiara l’ex comandante dei Ris di Parma. “Al ministro Bonafede elencheremo tutte le anomalie e pretenderemo si torni indietro nelle indagini perché è grave che il luminol non sia stato usato dai carabinieri” concludono Marina e Valerio.