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L’esame di Martina: “Prof mi metta 28, sono quella a cui è morto il fidanzato”

Il 17 maggio 2015 a Ladispoli, in circostanze ancora tutte da chiarire, il giovane Marco Vannini viene ucciso da un colpo di pistola al torace mentre si trovava a casa della sua fidanzatina, Martina Ciontoli. La responsabilità dell’atto è stata assunta da Antonio Ciontoli, padre della ragazza di Marco. Il 26 ottobre 2017 si è tenuta un’ultima udienza sul caso ove per la prima volta in tribunale si è presentata Martina; ecco alcune dichiarazioni della giovane.

Il caso dell’omicidio del ventenne Maro Vannini è ancora pieno di lacune e ombre; il giovane di Cerveteri è stato ucciso da un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, padre della sua fidanzata Martina, mentre il giovane si trovava a casa Ciontoli, a Ladispoli, per trascorrere la serata con la sua ragazza e la famiglia di quest’ultima. Il giovane è morto dopo una lunga agonia e ad assumersi la responsabilità del gesto è stato l’ex Maresciallo della marina militare, ma tutti i familiari presenti la sera dell’omicidio sono stati imputati per concorso in omicidio volontario. 

Durante l’ultima udienza sul caso, tenutasi il 26 ottobre 2017, sono stati ascoltati in tribunale sia Antonoio Ciontoli che per la prima volta, la figlia Martina. La ragazza, che aveva dichiarato che non pensava certamente che Marco potesse morire, ha spiegato: “Non dovevo fidarmi di mio padre. Quella sera ero sempre a casa. Dopo cena Marco mi ha chiesto di accompagnarlo di sopra, prima in camera mia poi in bagno abbiamo chiacchierato. Poi mio padre ha chiesto di entrare“.

La ragazza senza voltarsi nemmeno verso i suoi avvocati ha proseguito raccontando: “Entrando in bagno la pistola non c’era, dopo papà ha detto che era nella scarpiera. Scherzavano tra loro, papà non gliel’ha porta ma gli ha fatto vedere il funzionamento. Ho sentito un rumore […] Non avevo motivo di non credere a mio padre quando ha detto che era un colpo d’aria e che Marco si sarebbe ripreso“.

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