A Quarto Grado si è tornati a parlare dell’omicidio di Marco Vannini. Il conduttore Gianluigi Nuzzi ha intervistato, nel corso della diretta, Marina e Valerio, i genitori del 20enne ucciso la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, da un proiettile esploso da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata Martina. La mattina dell’8 gennaio è iniziato il processo d’Appello e in aula, Federico Ciontoli, figlio di Antonio e fratello di Martina, ha deciso di parlare davanti ai giudici. “Si è detto che non facevo niente mentre Marco perdeva sangue, cosa del tutto falsa. Quella sera non potevo fare altro di quello che ho fatto” sono alcune delle parole pronunciate dal ragazzo.
Alle telecamere di Rete 4, Marina non le manda a dire e risponde per filo e per segno a quanto detto da Federico. “In aula non potevo parlare. Adesso posso. Vorrei dire a questo ragazzo: e quando Marco gridava? Le urla disumane di mio figlio, sentite anche dai vicini…” commenta duramente la donna che poi continua: “Quando è entrato in bagno e ha visto Marco sanguinare? Perché non ci dimentichiamo che mio figlio ha perso un litro e mezzo di sangue e questo è negli atti. Quando ha chiamato il 118 e la chiamata è stata disdetta e lui proprio dice c’è un ragazzo che sta male, non respira più. Queste parole significano che lui sapeva benissimo che mio figlio era grave e la telefonata è stata disdetta“.
La mamma di Marco conclude aspramente: “Loro hanno riattaccato il telefono, si sono messi d’accordo. Hanno scelto di guardare i loro interessi e da lì in poi mio figlio non esisteva più per loro. Federico mi fa pena, è patetico“.
“Sono tutti colpevoli”
Per l’avvocato difensore di Ciontoli, invece: “Federico ha preso coscienza di quanto accaduto solo quando ha trovato il bossolo. E da allora ha insistito con il padre per fare una seconda telefonata al 118”. Ma quando gli infermieri arrivano a casa dei Ciontoli, nessuno li informa che è stato sparato un colpo di arma da fuoco ai danni di Marco. “A questa famiglia sono state regalate troppe cose, ma sono tutti colpevoli“, dice Marina. A pensarla così è anche il procuratore generale Vincenzo Saveriano. Quest’ultimo, durante l’udienza, ha infatti chiesto la condanna per tutta la famiglia Ciontoli.
Saveriano ha chiesto la conferma della pena per Antonio e di riconoscere l‘accusa di omicidio volontario anche nei confronti di Maria, Martina e Federico. “Questa vicenda – ha detto in aula il pg – rappresenta un unicum nel panorama giurisprudenziale in tema di qualificazione giuridica del fatto. Quanto accaduto in quella casa non poteva non allarmare quei familiari. Marco chiedeva aiuto e si vedeva spostato per essere lavato e rivestito; pensate un po’ la sofferenza. Eppure Ciontoli dichiara prima che la vittima era scivolato, poi che si era ferito con un pettine; invece era stato sparato un colpo”.
Il rappresentante dell’accusa ha poi rappresentato il suo convincimento “del coinvolgimento di tutti i familiari in questo episodio. E’ stata un’azione concertata. Questi soggetti hanno perso il lume della ragione, e nessuno ha detto che era stato esploso un colpo d’arma da fuoco. Forse Marco si poteva salvare. Hanno accettato il rischio per non fare emergere un fatto che al capofamiglia avrebbe potuto creare dei problemi. Si è trattato di una condotta illecita lontana da una condotta standard”.