Marco Vannini, processo: chiesti 14 anni per i Ciontoli
Si è svolta questa mattina, 8 gennaio 2019, la prima udienza del processo d’Appello per la morte di Marco Vannini. Presenti in aula Marina e Valerio, genitori di Marco e gli imputati Federico ed Antonio Ciontoli. Il bagnino 20enne venne ucciso la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, trafitto da un proiettile esploso da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata Martina. Marco morì in seguito ad una emorragia interna provocata dalla pallottola che, entrando dal braccio, gli perforò diversi organi interni. Il giovane di Cerveteri è deceduto perché nessuno gli ha prestato soccorso. Per circa due ore, infatti, le cinque persone che erano con lui non si sono adoperate per salvargli la vita. Quando l’ambulanza è stata chiamata era ormai troppo tardi.
Il consigliere della Corte, De Cataldo, ha letto i motivi che hanno portato la Pm D’Amore ad avanzare richiesta d’appello. Tra questi la presenza di Martina sul luogo dello sparo in base alle dichiarazioni, intercettate, della ragazza. Nelle riprese all’interno della caserma dei Carabinieri gli imputati, secondo il Pm, appaiono impegnati a concordare la versione da dare. Ciontoli e la moglie Maria Pezzillo quella sera avrebbero, poi, mentito al 118. Chiesta per questo una nuova perizia medico legale per accertare le operazioni dei sanitari.
La lettera di Federico Ciontoli
E’ stato poi il turno di Federico Ciontoli, il quale, come riporta Baraonda News, ha relazionato le sue memorie sotto gli occhi della famiglia Vannini. “Sono qui per condividere come ho vissuto la storia nella speranza che posso aiutarvi a capire chi sono davvero. Le mie parole non vogliono fare ombra sul dolore della famiglia di Marco. La percezione che avevo di quella sera era sbagliata? Dopo le ricostruzioni ho avuto il dubbio che la percezione avuta di me fosse non fosse quella reale, o almeno quella percepita dagli altri. Mi domandai perché un contrasto così forte. Sapere di essere indagato fu per me un fulmine a ciel sereno. Davvero potevo agire in modo diverso? Da indagato a considerato colpevole il passaggio fu breve“.
Il giovane poi continua: “Iniziai a ripercorrere, non senza fatica, i singoli attimi di quell’evento, a ricostruire le condizioni di una maledetta sera e per un lungo periodo ho visto crollare tutte le mie sicurezze. Non riuscivo più a guardare le persone negli occhi ed avevo paura di esistere. Ora ho capito che quella figura non sono io. E’ una cosa distinta da me. Il paragone con una figura così mostruosa è stata la mancato considerazione delle reali condizioni di quella sera. Si è detto che non facevo niente mentre Marco perdeva sangue, cosa del tutto falsa. Non ho fatto quello di cui il Pm mi accusa, considerate le condizioni in cui ero”,
Federico poi conclude: “Giudici, rileggendo le intercettazioni ho riacquistato la consapevolezza emotiva e razionale che quella sera non potevo fare altro di quello che ho fatto. Non voglio credere che posso essere condannato per ciò che potevo fare senza considerare le reali condizioni. Il mio silenzio è stato strumentalizzato da tanti. E’ stato un silenzio emotivo. Vi era la difficoltà di esprimermi. Oggi quella emotività ho cercato di metterla da parte”.
Chiesti 14 anni
Il procuratore di Civitavecchia, ripercorrendo quanto successo quella sera, ha sostenuto che è impossibile che in casa nessuno si fosse accorto di quello che era successo. Marco, sottolinea, chiedeva solo di essere aiutato e invece veniva spostato e rigirato per rivestirlo mentre era in emorragia interna. A termine della requisitoria, il pm ha chiesto la conferma della pena per Antonio Ciontoli (14 anni) mentre per Martina, Maria e Federico la condanna a 14 anni riconoscendo l’omicidio volontario. Assolta, invece, Viola Giorgini, ragazza di Federico, presente anche lei quella sera.