La criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone dice la sua sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Le parole dell’esperta sono riportate sul settimanale Giallo. Il recente ritrovamento di ossa sotto un pavimento della Nunziatura Apostolica a Roma ha riacceso i riflettori sul caso. I primi accertamenti sui resti hanno però ormai escluso che possano appartenere alla quindicenne scomparsa nel 1983. “Non c’è pace per i familiari di Emanuela che da oltre 35 anni attendono invano la svolta finale. E ne hanno dovute affrontare di situazioni a dir poco dolorose…” esordisce la Bruzzone sulla sua rubrica.
“Nemmeno il più estremo e fantasioso dei romanzieri noir avrebbe saputo inanellare tutta la serie di presunti colpi di scena che questa vicenda ha raccolto in tutti questi anni. 35 anni di depistaggi, bugie, sciacallaggi vari, truffatori e presunti segreti inconfessabili” commenta la criminologa che poi conclude: “35 anni senza uno straccio di pista investigativa affidabile. 35 anni di silenzio da parte del Vaticano. E questo, di questa terribile vicenda, è a mio avviso il punto più dolente“.
In tutto questo tempo, la famiglia Orlandi ha combattuto e combatte ancora per la verità sulla scomparsa della ragazza. Del resto, tante sono le piste seguite dagli investigatori in questi anni. Alcune di queste hanno coinvolto lo Stato Vaticano; l’Istituto per le Opere di Religione (Ior); la Banda della Magliana; il Banco Ambrosiano; Mehmet Alì Agca (il criminale turco responsabile dell’attentato del 1981 a Giovanni Paolo II); il governo italiano e i servizi segreti di diversi paesi. C’è anche chi ha associato la scomparsa della quindicenne alla rete di preti pedofili di Boston e a quella, presunta, in Vaticano.
Chi non si è mai arreso è Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela. Dopo il ritrovamento di ossa, Pietro aveva voluto lanciare un appello a Papa Francesco e al Papa Emerito Benedetto XVI ai microfoni di Radio Cusano Campus. “Una cosa è certa, Papa Francesco sa cosa è successo a Emanuela. Così come lo sa il Papa Emerito Benedetto XVI, così come lo sapeva Giovanni Paolo II. Il fatto stesso che Bergoglio, a inchiesta ancora aperta, mi abbia detto Emanuela sta in cielo vuol dire che sa che fine ha fatto Emanuela. Non a caso dopo che mi disse quella frase, il muro di omertà si è alzato ulteriormente. Non ho mai più ricevuto dal Papa una risposta, una spiegazione, un incontro nonostante le mie tante richieste avanzate al suo segretario. Evidentemente dopo 35 anni c’è ancora qualcosa che pesa tanto sull’immagine della Chiesa“.
“E’ difficile da digerire la frase di monsignor Parolin quando dice che in questi anni il Vaticano ha fatto il possibile per arrivare alla verità e che da parte della Santa Sede c’è sempre stata trasparenza. Mi auguro che queste parole del Segretario di Stato oggi siano veramente un segnale di cambiamento rispetto al passato. Che siano una presa di coscienza da parte della Chiesa per arrivare alla verità“.
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