
L’infanzia traumatica, il successo e L’Italiano. Toto Cutugno si racconta senza peli sulla lingua
Un successo planetario (è tra gli artisti italiani più amati all’estero, dove da sempre si esibisce in eventi di grande richiamo), e una storia personale tra le più travagliate. Toto Cutugno non si nasconde, e al Corriere della Sera racconta tutto, i traumi del passato, le sofferenze presenti e le delusioni di una carriera infinita. Dal 2007 convive con un tumore alla prostata, momentaneamente sconfitto, che non gli impedisce di continuare ad esibirsi: “Non gliel’ho mai data vinta“, racconta Toto Cutugno, “ho combattuto e ora sto meglio“. Ma le sofferenze del cantante toscano cominciano da lontano.
La confessione che ha sconvolto l’Italia arriva direttamente dall’infanzia di Toto Cutugno. “A cinque anni vidi morire mia sorella Anna davanti ai miei occhi“, racconta al quotidiano milanese. ” Soffocò mangiando degli gnocchi, gliene andò uno di traverso. Aveva sette anni“. Da allora, la sfortuna non ha mai abbandonato la famiglia Cutugno. “Mio fratello Roberto soffre di meningite da quando è nato,” spiega Toto. “E mia sorella Rosanna si ammalò di cuore nello stesso periodo. Mio padre si indebitò per pagarle l’intervento, che allora era difficile e costoso. Riuscì a pagarlo a rate. Estinse il debito nel 1978, pochi mesi prima di morire“.
Ma nonostante la difficoltà dell’infanzia, non sono mancati i successi a ricompensare la tenacia di Toto Cutugno. Come L’Italiano, autentico inno della canzone nostrana. “Lo composi in un ristorante canadese dove mi stavo esibendo per alcuni immigrati italiani“, rievoca Cutugno, descrivendo nel dettaglio il periodo della creazione. “Buttai giù qualche accordo, e chiedi a Popi Minellono di scrivermi un testo per quella melodia. Quando il pezzo fu pronto lo proposi a Celentano, che rifiutò di suonarlo. Fu una delusione, ma Gianni Ravera lo definì un capolavoro e mi convinse a portarlo a Sanremo. Lì arrivò terzo, e vinse la giuria del pubblico“.
Il successo di Toto Cutugno in Italia è andato e venuto, mentre non si è mai arrestato all’estero, dove rimane uno dei più amati interpreti della tradizione melodica mediterranea. Eppure, nel suo paese ha sempre fatico a vedersi riconosciuto il giusto valore: “Mi hanno dato del ruffiano“, commenta amaro Cutugno, “perché punto su emozioni facili. Ma per me una canzone va sentita dentro, deve essere autentica prima di tutto. Poi può essere facile o difficile“. E infatti Toto Cutugno è un idolo in luoghi improbabili, dall’est al nord Europa. Fino alle mete più ambite: questo dicembre suonerà all’Olympia di Parigi. D’altronde, “la lingua e la melodia italiana mantengono un fascino superiore alle altre“.