Dopo ben 33 anni potrebbe esserci una clamorosa svolta nell’inchiesta sul Mostro di Firenze. I carabinieri del Ros hanno estratto un proiettile rimasto dal 1985 in un cuscino trovato nella tenda da campeggio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili. Si tratta della coppia di giovani francesi, ultime vittime del mostro.
Il proiettile è stato ritrovato nel corso dei rilievi voluti dalla Procura di Firenze nell’inchiesta, coordinata dal pm Luca Turco, che vede indagati l’ex legionario Giampiero Vigilanti, 88 anni, insieme al medico Francesco Caccamo, 87 enne. Si tratterebbe di un colpo andato a vuoto o che avrebbe sfiorato i corpi di Nadine e Jean Michel. Gli inquirenti attendono adesso le perizie balistiche. Esperti al lavoro anche per evidenziare eventuali tracce organiche sull’ogiva tali da consentire un esame del Dna.
Per gli ultimi quattro duplici delitti seriali avvenuti nel Fiorentino vennero condannati, come complici di Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, i cosiddetti compagni di merende, entrambi deceduti. Pacciani, condannato in primo grado a più ergastoli per 7 degli 8 duplici omicidi e successivamente assolto in appello, è morto prima di essere sottoposto a un nuovo processo di appello. Quest’ultimo da celebrarsi a seguito dell’annullamento nel 1996 della sentenza di assoluzione da parte della Cassazione.
“Non meno di quattro o cinque anni fa sostenni che mancava un proiettile sulla scena del crimine e che poteva essere nel cuscino della tenda della coppia delle vittime“. E’ quello che dichiara Edoardo Franchi ai microfoni di Radio Rai. Franchi è il medico legale consulente dell’avvocato Viero Adriani, difensore delle vittime francesi. “Feci una ricostruzione a posteriori sulla base dei reperti autoptici, facendo un rilievo sul posto, esaminando le fotografie e i verbali di sopralluogo delle forze dell’ordine – racconta -. Incrociando questi elementi e ricreando una scena virtuale del delitto arrivai alla ricostruzione che mancava un proiettile e poteva essere nel cuscino all’interno della tenda. All’epoca l’avvocato Adriani chiese di poter accedere alla tenda – che era archiviata nell’istituto di medicina legale di Firenze – e fece un’istanza alla Procura per poter visionare questo materiale e cercare il proiettile, ma ebbe risposta negativa”.
Un racconto dell’orrore quello di Natalino Mele, figlio di Barbara Locci, la donna uccisa insieme all’amante Antonio Lo Bianco la sera del 21 agosto del 1968. All’epoca dell’omicidio aveva soltanto 6 anni. Natalino dormiva sul sedile posteriore della macchina quando qualcuno sparò e uccise con una calibro 22 la madre e l’amante. Il primo di una lunga serie di omicidi che oggi vengono attribuiti tutti al cosiddetto mostro di Firenze. Gli anni da quell’orrendo delitto sono passati, ma Natalino Mele, intervistato da Quarto Grado, ha rivelato di non aver scordato nulla di quella tragica sera.
“Mi svegliai per dei rumori forti… poi, vedendo che mia madre era con la testa così, la chiamavo non mi rispondeva, poi vedevo il sangue e… cominciai a piangere… dalla macchina uscii e in lontananza vidi una lucina di una casa. Io mi ritrovai davanti a questa casa qui e chiesi aiuto, cominciai dire che avevano ucciso mia madre. Le uniche parole che dicevo erano ‘hanno ucciso mia madre’, nel senso ‘tenetemi con voi non mi abbandonate’”. Per il delitto fu condannato inizialmente il padre di Natalino, il quale confessò di aver ucciso la moglie per averla scoperta durante il tradimento. L’uomo si fece ben 15 anni di carcere. In seguito si comprese che ad uccidere i due amanti era la stessa persona dei successivi delitti delle coppiette.
Natalino Mele ha raccontato gli interrogatori a cui fu sottoposto, rivelando le intimidazioni violente che i Carabinieri fecero nei suoi confronti cercando di farlo parlare. Purtroppo però, come lui stesso continua a dichiarare, non ha visto chi ha sparato i colpi, aggiungendo inoltre: “Ho sempre il solito incubo che mi sveglio e vedo mia madre morta. Quello è un incubo che ho avuto per anni quasi tutte le notti“.
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