Delitto di Cogne: ecco come è stato ucciso il piccolo Samuele
Sono passati ben 16 anni, ma il delitto di Cogne rimane sicuramente uno dei casi di cronaca nera più dibattuti e controversi della recente storia d’Italia. Il 30 gennaio del 2002 alle 8.30 del mattino Annamaria Franzoni, di Cogne, in Val d’Aosta, telefonò al 118 dicendo che suo figlio stava vomitando sangue. I medici arrivarono e trovarono il bambino, Samuele Lorenzi, 3 anni, con numerose ferite alla testa e alle mani. Meno di due ore più tardi il bimbo era deceduto. Sei anni dopo Annamaria Franzoni, fu condannata in via definitiva per omicidio a 16 anni di carcere. Secondo la sentenza aveva ucciso suo figlio colpendolo alla testa per 17 volte con un oggetto, che non è mai stato identificato né ritrovato.
Il racconto
Il giorno dell’omicidio, Franzoni raccontò ai carabinieri di aver lasciato suo figlio Samuele in casa mentre accompagnava il fratello più grande a prendere lo scuolabus. Disse di aver chiuso la porta alle sue spalle (ma poi cambiò versione) e di aver lasciato accesa la televisione per non farlo sentire solo. Disse di essere tornata in casa dopo circa otto minuti e di aver trovato Samuele sanguinante nel suo lettino. La donna fu quasi immediatamente sospettata di aver ucciso il figlio e il 14 marzo, poco più di un mese dopo, fu iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario e poi arrestata (fu scarcerata per mancanza di indizi pochi giorni dopo, e trascorse in libertà gran parte del processo).
Gli indizi
Gli indizi contro di lei erano numerosi. Gli investigatori trovarono tracce di sangue, materia cerebrale e ossa sul suo pigiama, segni che era l’indumento indossato dall’assassino al momento dell’omicidio, e trovarono tracce di sangue sotto le suole e all’interno delle sue ciabatte. Come scrisse il gip Fabrizio Gandini nell’ordinanza di arresto: “L’assassino indossava il pigiama e le ciabatte. La Franzoni indossava il pigiama e le ciabatte. La Franzoni è l’assassino“. Secondo il giudice, Franzoni aveva preparato il figlio più grande per andare a scuola e, prima di cambiarsi per uscire, “richiamata dal pianto del piccolo Samuele, scende le scale e lo porta nel proprio letto: lì lo uccide“. Dopo, sempre secondo il giudice, Franzoni nascose il pigiama insanguinato sotto le coperte del letto ed accompagnò il figlio più grande a prendere lo scuolabus.
La donna ha sempre sostenuto di essere innocente. Nella sua difesa è sempre stata appoggiata dalla famiglia e da suo marito, Stefano Lorenzi. La tesi della difesa era che a uccidere Samuele fosse stato un estraneo, entrato in casa negli otto minuti che Franzoni impiegò per accompagnare il figlio più grande fino allo scuolabus. Ma gli investigatori non hanno mai trovato tracce della presenza di altre persone all’interno dell’abitazione. Nel corso degli anni il caso del piccolo Samuele è stato dibattuto molte volte sui media e continua ancora oggi a spaccare l’opinione pubblica. Dopo la conferma della condanna a 16 anni da parte della Corte di Cassazione, nel 2016, a seguito di sei anni di reclusione, Franzoni ha ricevuto gli arresti domiciliari. Sta scontando la pena nella sua abitazione in provincia di Bologna.