La criminologa e psicologa forense Roberta Bruzzone è tornata a parlare di Massimo Bossetti. Le sue parole potete trovarle nel settimanale Giallo, in edicola dal 25 al 31 ottobre. L’esperta, questa volta, si è soffermata sulla difesa dell’uomo accusato di aver ucciso Yara Gambirasio. In particolare, su come questa si sia comportata nel corso del processo. “Se adottiamo il punto di vista della difesa, dobbiamo arrivare alla conclusione che si è conclusa nel peggiore dei modi la vicenda giudiziaria a carico di Massimo Giuseppe Bossetti” esordisce la Bruzzone.
La sentenza della Cassazione
I giudici della Suprema Corte hanno confermato, il 12 ottobre 2018, la condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti. Quest’ultimo per i giudici è l’assassino di Yara. Il 48 enne ha atteso la sentenza nel carcere di Bergamo, dove si trova dal 16 giugno del 2014. Il magistrato Mariella De Masellis ha sottolineato che “è fantascienza che il Ris abbia creato un Dna artificiale servendosi di ‘marcatori scaduti'”, aggiungendo che “gli esperti hanno convenuto sulla assoluta corrispondenza tra ‘Ignoto 1’ e l’imputato”. La difesa di Massimo Bossetti ha chiesto invece una nuova perizia sul DNA o l’annullamento della sentenza di condanna, emessa in primo grado e confermata dalla Corte d’Appello di Brescia.
L’opinione di Roberta Bruzzone
“A uscirne davvero ‘con le ossa rotte’ è stata soprattutto la difesa del muratore di Mapello, visto che la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto il suo corposo ricorso addirittura inammissibile. E’ un po’ come quando ti prepari a entrare in campo, ma hai sbagliato stadio. E forse anche sport , perché le regole per il ricorso in Cassazione sono diverse” spiega la criminologa. Roberta Bruzzone poi aggiunge: “Quello vissuto dalla difesa di Bossetti è uno degli scenari peggiori che si possono verificare nella carriera forense, l’incubo di ogni avvocato cassazionista. E la difesa di Bossetti sembra averla presa malissimo”.
Sull’avvocato del carpentiere bergamasco, Claudio Salvagni, l’esperta non le manda a dire. “Circola un video, mandato in onda da diverse trasmissioni televisive, che ritrae l’avvocato Claudio Salvagni, all’uscita del carcere dove sta scontando la pena Massimo Bossetti, mentre si lascia andare a esternazioni piuttosto sconcertanti per chi indossa una toga“. L’esperta si riferisce a queste esatte parole del legale: “Vorrei guardare negli occhi tutti quelli che lo hanno ammazzato quest’uomo, vorrei dirgli che provo un profondo disprezzo nei confronti di tutto questo“. “Si riferisce ai 39 giudici che lo hanno dichiarato colpevole?” conclude la Bruzzone.
“Non solo il dna. Contro Bossetti numerose prove”
Roberta Bruzzone ha evidenziato come su Massimo Bossetti, oltre al Dna, che possiamo considerare la “prova regina”, gravino altre numerose prove. Il primo indizio, sottolineato dalla criminologa, è che il carpentiere bergamasco non era a casa al momento della sparizione di Yara. Il muratore si trovava nelle vicinanze della palestra con il suo furgone Fiat Iveco Daily. Ad incastrarlo ulteriormente, sarebbero le parole della moglie Marita Comi, intercettate in carcere: “Eri via quella sera. Non mi ricordo a che ora sei venuto e non mi ricordo neanche cosa hai fatto. E’ uscita dopo per la storia della scomparsa e non mi hai mai detto cosa hai fatto. Non l’hai mai detto.”
Il secondo indizio fa riferimento alla corrispondenza delle sostanze rinvenute sulle lesioni del cadavere di Yara di particelle di calce e quelle inerenti ai cantieri edili. Anche la terza prova, sottolineata dall’esperta, riguarda un’ulteriore corrispondenza scientifica: quella delle particelle sferiche di metallo rinvenute sugli indumenti della ragazzina e trovate nei sedili del furgone di Bossetti. Il quarto e il quinto indizio, evidenziati dalla criminologa, riguardano poi rispettivamente le visualizzazioni su computer di file contenenti immagini pornografiche di ragazze e ragazzine e l’atteggiamento del 48 enne nel corso delle intercettazioni ambientali. Per Roberta Bruzzone non ci sono dubbi: il delitto di Yara è stato un delitto a sfondo sessuale. La giovane ginnasta ha pagato con la vita il fermo rifiuto opposto al suo assassino mentre si trovava nel campo di Chignolo.