
Guglielmo Mollicone, il padre di Serena, ritrovata senza vita nel giugno del 2001 in un bosco nel Frusinate, dice la sua in un’intervista a TPI. L’uomo si dichiara “convinto sin dall’inizio” che la figlia sia stata uccisa in caserma. Ora a confermarlo sono i Ris dei Carabinieri che hanno appurato che la giovane, ad Arce, sia morta all’interno della caserma dei carabinieri del paese. Secondo quanto sempre sostenuto da Guglielmo Mollicone, Serena in quel 1 giugno si sarebbe recata in caserma per denunciare un giro di droga in paese. “La droga è la piaga del nostro paese, quindi, con otto ragazzi morti di overdose come faceva a non parlarne?” dice il padre di Serena.
Mollicone è tornato sulla questione del carrozziere Carmine Belli. Quest’ultimo fu il primo indiziato per la morte della figlia ed in seguito assolto nei tre gradi di giudizio. Il padre di Serena ha affermato che Belli, uscito dal carcere, avrebbe incontrato il brigadiere Santino Tuzi. Nel 2008 Tuzi si suicidò, gettando ancora più ombre sulla vicenda della povera Serena. “Lo ha abbracciato e gli ha chiesto scusa. Però in quel momento non aveva capito il motivo di quelle scuse. Dopo, vista la situazione che è mutata verso la caserma, ha capito che le scuse erano perché lui sapeva tutto e non aveva parlato, gli aveva fatto fare quei mesi di carcere senza intervenire” ha detto Mollicone.
Più volte, Guglielmo Mollicone ha ribadito come nel periodo della scomparsa della figlia ad Arce le cose non andavano bene. “C’era una caserma che non funzionava, c’era droga a non finire, c’era prostituzione, c’era un’amministrazione che pensava solo agli affari suoi, una chiesa che faceva il proprio affare ma non andava incontro ai giovani. Peggio di così non poteva essere in quel periodo. Nessuno interveniva per mettere un freno” ha detto il padre di Serena a TPI. Secondo Mollicone, la figlia sarebbe stata uccisa perché “si è permessa di andare in caserma per denunciare il figlio del maresciallo per spaccio“. L’uomo ha poi aggiunto: “Tutti lo sapevano, ma era una cosa che nessuno doveva denunciare. Lei ha avuto il coraggio di farlo e quindi lì è stata uccisa. Arce era il primo paese in Europa per ragazzi drogati nel 2001, dati della Prefettura”.
Chiuse le indagini sull’omicidio di Serena Mollicone: un’ultima prova segna la svolta
Le indagini sull’omicidio di Serena Mollicone sono ufficialmente chiuse. Nella giornata di giovedì, 12 ottobre 2018, i Ris hanno consegnato l’ultima prova riguardante il delitto della 18enne di Arce. Si tratta della perizia sulle tracce botaniche presenti sul nastro adesivo che avvolgeva i polsi, le caviglie e il sacchetto infilato sulla testa della giovane. I risultati hanno confermato le ipotesi investigative: tutti i materiali provenivano dalla caserma di Arce. A rivelarlo è proprio la presenza delle polveri di legno e di muffe, entrambi presenti all’interno della caserma. Proprio in quell’edificio militare fu vista entrare per l’ultima volta in vita Serena Mollicone. Era il primo giugno del 2001. A registrare il suo ingresso fu il brigadiere Santino Tuzi, il quale mise in luce che la giovane, almeno fino alle ore 14 (in cui lui terminò il servizio) non era uscita.
Dopo 17 anni di depistaggi e menzogne sembra quindi essere giunti alla verità. Il pm Maria Beatrice Siravosta sta ultimando le richieste da presentare al gip. Al momento, ciò che è noto, è che ad essere indagati sono: l’ex comandante dei Carabinieri della stazione di Arce, Franco Mottola, sua moglie Anna, indagata per omicidio volontario ed occultamento di cadavere, il loro figlio Marco, denunciato dalla stessa Serena per spaccio; il maresciallo Vincenzo Quatrale, indagato oltre che per il reato di concorso in omicidio nei confronti di Serena Mollicone, anche per quello di istigazione al suicidio per il brigadiere Santino Tuzi; il maresciallo Francesco Suprano, indagato con l’accusa di favoreggiamento, in quanto avrebbe omesso di riferire agli inquirenti fatti e circostanze di rilevante importanza per le indagini.