Caso Yara Gambirasio, Massimo Bossetti si mette in contatto con la famiglia della ragazza. Dopo la conferma della condanna per l’ergastolo per la morte della giovane ginnasta di Brembate, il muratore ha scritto una lettera ai genitori della ragazza. Il testo e cosa Bossetti abbia scritto alla famiglia è top secret. E’ stato proprio l’avvocato del condannato,Claudio Salvagni a raccontare come stanno davvero le cose: “E’ stata una sua iniziativa. Ha preparato la lettere tempo fa, ben prima che la Corte di Cassazione si pronunciasse. Non so cosa abbia inserito. Resterà una cosa riservata tra lui e la famiglia Gambirasio”.
Il muratore di Mapello ha ricevuto la conferma della condanna in diretta tv nel carcere dove è recluso da diversi anni. La moglie gli è rimasta sempre accanto ma ora le cose per lui si aggravano. La conferma in Cassazione ha decisamente cambiato la vita di Bossetti per sempre.
Yara Gambirasio, Cassazione conferma l’ergastolo per Massimo Bossetti: fine pena mai per il muratore
La Cassazione si è pronunciata lo scorso 12 ottobre 2018, nei confronti di Massimo Bossetti, accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. I giudici della Suprema Corte hanno confermato la condanna all’ergastolo. Massimo Bossetti per i giudici è l’assassino di Yara. Il muratore di Mapello ha atteso la sentenza nel carcere di Bergamo, dove si trova dal 16 giugno del 2014. L’efferato omicidio della 13enne di Brembate di Sopra, vista la sua brutalità, sconvolse l’intera opinione pubblica. Per Yara quel 26 novembre del 2010 era un giorno come tanti, dove una delle sue priorità era allenarsi nella disciplina che tanto amava: la ginnastica ritmica. In quel tardo pomeriggio però la sua vita è stata stroncata per sempre. Un aeromodellista trovò il suo cadavere il 26 febbraio del 2011, in un campo aperto a Chignolo d’Isola, distante 10 chilometri circa da Brembate di Sopra.
Nella requisitoria davanti ai giudici della Cassazione, il pg Mariella De Masellis ha chiesto la conferma all’ergastolo per il muratore. Il magistrato ha inoltre sottolineato che “è fantascienza che il Ris abbia creato un Dna artificiale servendosi di ‘marcatori scaduti’”, aggiungendo che “gli esperti hanno convenuto sulla assoluta corrispondenza tra ‘Ignoto 1’ e l’imputato”. La difesa di Massimo Bossetti ha chiesto invece una nuova perizia sul DNA o l’annullamento della sentenza di condanna, emessa in primo grado e confermata dalla Corte d’Appello di Brescia. Assenti in Cassazione i genitori di Yara Gambirasio e i familiari di Massimo Bossetti.
Massimo Bossetti in lacrime in carcere: “Adesso voglio lavorare”
Dopo la sentenza della Cassazione che lo ha condannato all’ergastolo per la morte di Yara Gambirasio, Massimo Bossetti è scoppiato in lacrime. Ha saputo della condanna da una diretta televisiva. Poi è arrivata la telefonata della moglie, Marita Comi. Come riporta Il Giorno, Bossetti sperava che fosse concessa la perizia e di tornare in appello. “Se il sistema è convinto che sono stato io, perché non mi ha dato la perizia? Allora c’è il dubbio. Se siete sicuri che sono colpevole, perché non ho avuto questa possibilità? Prima di condannare uno al carcere a vita” spiega il muratore di Mapello. Nel dialogo in carcere con l’esponente politico, la parola “sistema” è quella che ricorre di più. Alla domanda su cosa possa pensare un uomo quasi 48 enne, sposato, con tre figli e accusato di un delitto orrendo, risponde piangendo: “Sono in vita per la mia famiglia. Grazie a Dio la mia famiglia mi è rimasta vicino“.
Il pensiero costante è per i suoi figli, che non smettono di chiedersi quando il papà potrà tornare a casa. Bossetti ha perso le speranze, non riesce più a vedere un futuro davanti a sé. “Vivo solo il presente – spiega – Mi è crollato tutto. Non credo più nella giustizia.Sono stato condannato senza avere la possibilità di difendermi. Ogni sera speravo che i giudici mi dessero la perizia. Adesso mi sento addosso un peso enorme. Mi sento un prigioniero di Stato“. Un ultimo appello vuole, però, lanciarlo. Molto presto abbandonerà Via Gleno, dove è detenuto dal 16 giugno 2014, per essere trasferito in un altro istituto. Quello che il detenuto chiede è di avere la possibilità di continuare a svolgere il suo mestiere di sempre, l’artigiano edile. “Trasferitemi e fatemi lavorare” la sua richiesta precisa. Nel frattempo, i legali della famiglia Gambirasio sono pronti a replicare che sono stati 39, in questi anni, i giudici che si sono pronunciati per la colpevolezza.