Roberta Bruzzone contro Bossetti: “Non è lui la vittima. Conserva l’abbronzatura di sempre”
Roberta Bruzzone dice la sua sul caso di Yara Gambirasio e sull’uomo accusato dell’atroce delitto, Massimo Bossetti. Attraverso un’intervista rilasciata a Lo Speciale, la criminologa commenta la condanna all’ergastolo per il muratore di Mapello. Poco dopo la sentenza che ha stabilito per lui il carcere a vita, Bossetti, tra le lacrime si era definito “un prigioniero di Stato“. “Bossetti non è una vittima dello Stato, ma un imputato di omicidio che ben tre gradi di giudizio hanno ritenuto colpevole – esordisce la Bruzzone – Essendo la sua sentenza passata in giudicato, per la Giustizia italiana lui è l’assassino di Yara Gambirasio, dunque responsabile di uno degli omicidi più brutali che siano stati commessi nel nostro Paese. Alla luce delle risultanze processuali ritengo che la sua condanna sia perfettamente proporzionata alla spietatezza del delitto commesso”.
Sul fatto che il carpentiere bergamasco reclami dal carcere di non aver avuto le possibilità di difendersi fino in fondo, la criminologa replica: “L’unico vero scandalo è che ci siano ancora persone che si ostinano a farlo passare per una vittima. I giudici non si divertono a condannare gli innocenti e le tesi difensive avanzate dai legali di Bossetti sono state ritenute inconcludenti. Mi pare che abbia avuto tutti gli strumenti a disposizione in questi anni per far valere le sue ragioni, nessuno gli ha mai negato il diritto di difendersi. Credo che quarantacinque udienze in corte d’Assise a Bergamo siano state più che sufficienti per espletare un ottimo contraddittorio. Soltanto alla questione del dna sono state dedicate almeno sei udienze o anche di più. Quindi di cosa stiamo parlando?”
Su come poi, l’uomo quasi 48 enne possa affrontare la vita in carcere, la Bruzzone commenta pungentemente. “Bossetti ha manifestato delle caratteristiche della personalità molto precise, gli permetteranno di vivere in carcere gestendo al meglio la reclusione. Per altro mi lasci passare una nota di colore: nonostante l’ergastolo in primo e in secondo grado l’abbronzatura mi pare sia rimasta la stessa di sempre“.
Yara, Bossetti in lacrime in carcere: “Adesso voglio lavorare”
Dopo la sentenza della Cassazione che lo ha condannato all’ergastolo per la morte di Yara Gambirasio, Massimo Bossetti è scoppiato in lacrime. Ha saputo della condanna da una diretta televisiva. Poi è arrivata la telefonata della moglie, Marita Comi. Come riporta Il Giorno, Bossetti sperava che fosse concessa la perizia e di tornare in appello. “Se il sistema è convinto che sono stato io, perché non mi ha dato la perizia? Allora c’è il dubbio. Se siete sicuri che sono colpevole, perché non ho avuto questa possibilità? Prima di condannare uno al carcere a vita” spiega il muratore di Mapello.
Nel dialogo in carcere con l’esponente politico, la parola “sistema” è quella che ricorre di più. Alla domanda su cosa possa pensare un uomo quasi 48 enne, sposato, con tre figli e accusato di un delitto orrendo, risponde piangendo: “Sono in vita per la mia famiglia. Grazie a Dio la mia famiglia mi è rimasta vicino“. Il pensiero costante è per i suoi figli, che non smettono di chiedersi quando il papà potrà tornare a casa. Bossetti ha perso le speranze, non riesce più a vedere un futuro davanti a sé.
“Vivo solo il presente – spiega – Mi è crollato tutto. Non credo più nella giustizia.Sono stato condannato senza avere la possibilità di difendermi. Ogni sera speravo che i giudici mi dessero la perizia. Adesso mi sento addosso un peso enorme. Mi sento un prigioniero di Stato“. Un ultimo appello vuole, però, lanciarlo. Molto presto abbandonerà Via Gleno, dove è detenuto dal 16 giugno 2014, per essere trasferito in un altro istituto. Quello che il detenuto chiede è di avere la possibilità di continuare a svolgere il suo mestiere di sempre, l’artigiano edile. “Trasferitemi e fatemi lavorare” la sua richiesta precisa. Nel frattempo, i legali della famiglia Gambirasio sono pronti a replicare che sono stati 39, in questi anni, i giudici che si sono pronunciati per la colpevolezza.