Per la prima volta dal delitto di Marco Vannini arriva una clamorosa svolta: Antonio Ciontoli, condannato in primo grado per omicidio volontario, rompe il silenzio e racconta tutto. Ciò accade proprio poco prima della prima puntata di Quarto Grado, in cui si è parlato della morte del 20enne di Cerveteri e in cui le inviate del programma di Rete 4 hanno avuto modo di parlare con il figlio, Federico Ciontoli. Ma facciamo un attimo un passo indietro e ripercorriamo brevemente cosa accadde quella tragica sera del 17 maggio del 2015. Marco Vannini si trovava nella villetta di famiglia della fidanzata Martina Ciontoli. I due ragazzi non erano soli in casa: vi erano anche il capofamiglia Antonio Ciontoli, la moglie Maria Pezzillo, il fratello di Martina e la sua fidanzata, Viola Giorgini. Ad un certo punto la tragedia: Marco Vannini, secondo quanto ricostruito, viene colpito da un proiettile di pistola mentre si trovava nel bagno, precisamente nella vasca. Si susseguono telefonate al 118 poco chiare, in cui non viene mai ammesso che il ragazzo era stato colpito da un proiettile. Dopo ore di agonia e un soccorso inadeguato, per via delle false dichiarazioni date agli operatori (Antonio Ciontoli al telefono parlò di un ferimento con un pettine appuntito, ndr), Marco Vannini muore.
La Corte d’Assise di Roma, il 18 aprile scorso, ha condannato il capofamiglia Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario, la moglie e i due figli a 3 anni di reclusione per omicidio colposo, assolvendo dall’accusa di omissione di soccorso Viola Giorgini. Il capofamiglia alla vigilia del processo d’Appello ha rotto il silenzio e ha dato la sua versione dei fatti a Il Dubbio, spiegando anche cosa ha significato per lui la morte di Marco Vannini e quali sono stati i danni subiti in seguito al processo mediatico che ha visto coinvolta l’intera famiglia. “Il mio primo pensiero e le mie prime parole vanno all’amatissimo Marco e ai suoi genitori, Marina e Valerio. Chiedo loro la possibilità di perdonarmi“, ha affermato Antonio Ciontoli sostenendo di volersi avvicinare, insieme ai suoi familiari, ai genitori di Marco, nonostante i precedenti tentativi falliti e che li ha portati a capire che forse il silenzio era il modo migliore per rispettarli. “Io sono vittima di me stesso perché io stesso mi sono fidato di me, sbagliando. Ed ecco il nocciolo”, ha affermato Antonio Ciontoli aggiungendo: “Sono vittima del mio errore e ho distrutto la vita di tante persone“. Sulla sua condanna a 14 anni, Ciontoli ha affermato: “L’ergastolo l’ho già sulle spalle, nessuna sentenza potrà punirmi se non solo materialmente – aggiungendo – Devo e voglio pagare per ciò che ho commesso ma rifiuto con tutte le mie forze l’etichetta di mostri che ci hanno appiccicato persone che, celandosi dietro il diritto/dovere di cronaca, stanno sfruttando la tragedia solo per ritagliarsi uno squarcio di visibilità e lo share televisivo”. “Io sono una persona normalissima – ha concluso Antonio Ciontoli – che ha fatto un errore e per questo sta pagando e pagherà per tutta la sua vita, fino a quando Dio mi darà la forza di continuare ad amare, fino al mio ultimo respiro“.
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