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Omicidio Marco Vannini, Quarto Grado: clamorose incongruenze sul caso

Si riaccendono i riflettori sull’omicidio di Marco Vannini: Quarto Grado torna questa sera, 14 settembre, focalizzando la propria attenzione sul caso e le clamorose incongruenze evidenziate dalla ricostruzione dei fatti fornita dai Ciontoli. Nei prossimi mesi verranno fissate le date delle future udienze del processo d’Appello. I familiari del 20enne di Cerveteri sperano in una giustizia esemplare contro coloro che hanno posto fine alla vita del figlio, augurandosi che i giudici di secondo grado accolgano la futura richiesta di condanna che avanzerà la Procura. Cosa che non è accaduta nel precedente grado di giudizio, visto che la Corte d’Assise di Roma ha condannato il capofamiglia Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario, la moglie Maria Pezzillo, e i due figli, Martina e Federico Ciontoli, a 3 anni di reclusione per omicidio colposo, assolvendo inoltre dall’accusa di omissione di soccorso la fidanzata di quest’ultimo, Viola Giorgini. Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di comprendere cosa accadde quella terribile sera del 17 maggio del 2015.

Marco Vannini si trovava nella villetta di famiglia della fidanzata Martina Ciontoli. I due ragazzi non erano soli in casa: vi erano anche il capofamiglia Antonio Ciontoli, luogotenente della Marina Militare di 48 anni, la moglie Maria Pezzillo, il fratello di Martina, Federico Ciontoli e la sua fidanzata, Viola Giorgini. Ad un certo punto la tragedia: Marco Vannini, secondo quanto ricostruito, viene colpito da un proiettile di pistola mentre si trovava nel bagno, precisamente nella vasca. Si susseguono telefonate al 118 poco chiare, in cui non viene mai ammesso che il ragazzo era stato colpito da un proiettile. Dopo ore di agonia e un soccorso inadeguato, per via delle false dichiarazioni date agli operatori (Antonio Ciontoli al telefono parlò di un ferimento con un pettine appuntito, ndr), Marco Vannini muore.

Omicidio Marco Vannini, le sconvolgenti incongruenze nel caso

Secondo la ricostruzione dei fatti fornita dagli imputati a sparare sarebbe stato il capofamiglia Antonio Ciontoli. Al centro delle indagini, oltre alle parole dei presenti, sono stati fondamentali gli esiti delle perizie, sia quella balistica sia quella riguardante la condizione di salute di Marco Vannini, che ha sottolineato come il giovane, se soccorso tempestivamente, sarebbe ancora in vita. A non quadrare, come evidenziato dalla Procura, sono le dichiarazioni del capofamiglia relative alla dinamica dei fatti e alla sua pistola: Antonio Ciontoli, nel corso delle indagini, ha infatti cambiato la propria versione dei fatti, correggendola dove non limasse. Dalle perizie è emerso che chi ha imploso il colpo non può non essersi reso conto che all’interno della pistola vi fosse il proiettile, in quanto caricandola si vede la pallottola entrare nella canna. Inoltre vi è un altro mistero che riguarda la maglietta indossata da Marco quella drammatica sera: la t-shirt non è mai stata rinvenuta, forse è stata fatta sparire per non permettere alcuni accertamenti importantissimi? A porre ulteriori interrogativi sono anche le dichiarazioni della moglie di Antonio Ciontoli, Maria Pezzillo, che parlando con i vicini sembra focalizzarsi su cosa abbiano sentito quella tragica sera, cercando di comprendere i loro dubbi così da fornire la propria versione dei fatti. Queste sono solo alcune delle incongruenze evidenziate dalle Procura che sembrano rimanere senza spiegazioni.

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