Cresciuta da tre donne, in molti non lo sanno, ma è questa la storia di Raffaella Carrà. Il rapporto più difficile, senza dubbi quello col padre: “Mi vergognavo di non avere una figura maschile”.
“Morirò senza saperlo. Sulla mia tomba lascerò scritto: ‘Perché sono piaciuta tanto ai gay?”. Scherza Raffaella Carrà, icona gay per eccellenza. Eppure, probabilmente il perché sia da sempre celebrata dal mondo omosessuale, lo sa bene. Lo racconta in una lunga intervista, in cui svela alcuni fondamentali passaggi della sua infanzia: “Mi hanno cresciuta due donne. Tre, contando la nurse inglese. Mia mamma Angela Iris fu una delle prime a separarsi nel dopoguerra. Non si risposò più. Nonna Andreina era rimasta vedova di un poliziotto di Caltanissetta. Mi vergognavo di non avere una figura maschile. Mio padre è stato un uomo buono e intelligente, ma inaffidabile. Non aveva alcun senso della famiglia”.
Poi arrivano gli anni della scuola e del centro di cinematografia a Bologna. “Uscivo solo con i gay. Quando in sala faceva buio, loro non cercavano di tastarti. Il babbo ogni tanto mi telefonava per chiedermi se ero ancora vergine, minacciando in caso contrario di togliermi da mia madre e dal centro sperimentale. Ero così terrorizzata che fino ai 18 anni non mi sono lasciata toccare da nessuno”. Poi l’incontro con Gianni Boncompagni:”Il babbo che cercavo l’ho trovato in lui, che aveva 11 anni più di me. Finalmente mi sono rilassata”. Poi le sue idee sull’omosessualità:”Se nel tuo corpo ci sono dei geni più presenti nei confronti del tuo sesso, devi accettarti e devi risolverti”. Sull’adozione gay: “Sono combattuta. Credo che la natura delle cose arriverà a fiorire da sola” e dell’adozione per single, Raffaella dice: “Vorrei sapere perché io, cresciuta da una mamma single, non ho potuto avere un figlio in quanto single!”.
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