Caso Emanuela Orlandi, messaggi in codice celano la verità? L’indiscrezione shock
Si riaccendono i riflettori sulla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi, la 15enne sparita nel nulla il 22 giugno del 1983. La chiave del giallo sembra essere nascosta dietro alcuni messaggi in codice usati dai sequestratori.
Dei messaggi criptati potrebbero nascondere la chiave risolutiva sulla misteriosa scomparsa di Emanuela Orlandi, la 15enne, figlia di un dipendete del Vaticano, sparita nel nulla il 22 giugno del 1983 a Roma. A parlare di tale pista è il giornalista Fabrizio Peronaci, il quale riporta la notizia sul suo gruppo Facebook Giornalismo Investigativo. Stando quanto rivelato, uno dei primi codici fondamentali fu il 375: un numero tirato in ballo da suor Dolores, la quale dichiarò di aver saputo dalle amiche della 15enne che le era stato offerto un lavoretto come volantinaggio a 375 mila lire. Un prezzo esorbitato per l’epoca e per quella mansione. Proprio su tale numero emerge però un’altra dichiarazione di un’altra testimone.
Stando quanto riportato dal giornalista Fabrizio Peronaci, la prima persona a riferire pubblicamente la cifra in questione è stata la compagna dei corsi di flauto e canto corale di Emanuela Orlandi, Raffaella Monzi. All’epoca la Monzi rivelò: “Il 22 giugno l’ho incontrata alla fermata dell’autobus. Erano circa le 19, eravamo appena uscite dalla lezione di canto corale. Abbiamo parlato del più e del meno, del nostro insegnante di canto, poi Emanuela mi ha detto che le avevano offerto un lavoro, distribuire volantini di una casa di cosmetici, che l’avrebbero tenuta occupata dalle ore 16.30 alle 18.30/19, con un compenso di 375 mila lire“. Una cifra spropositata che, come dichiara il giornalista, equivaleva ad uno stipendio mensile dell’epoca. Vista l’assurdità della retribuzione per Peronaci questo è un chiaro ed evidente segno che tale numero sia un codice dei rapitori, usato magari per dialogare con le controparti, il tutto ai danni di Emanuela Orlandi e non solo, visto che poco prima a Roma scomparve anche la 15enne Mirella Gregori.
Lo scenario, come riporta Peronaci, è quello dell’uso delle vittime per operare pressioni in ambienti coperti dentro e fuori il Vaticano. La prova di ciò per il giornalista si troverebbe nel memoriale di Marco Accetti, rapitore reo confesso di Emanuela Orlandi, indagato dalla Procura nel 2013 e poi prosciolto e accusato di calunnia e autocalunnia dalla Procura di Roma. Il fotografo aveva dichiarato agli inquirenti che i tre numeri dispari erano un esplicito riferimento alla data dell’apparizione della Madonna di Fatima, che le controparti ecclesiastiche avrebbero riconosciuto immediatamente. Ma un’altra fonte, come rivela il giornalista Fabrizio Peronaci, ha fatto presente che il numero 375 poteva indicare i 375 giorni di distanza tra la scomparsa di Emanuela Orlandi e quella del banchiere Roberto Calvi, avvenuta il 12 giugno 1982, quando il suo legale presentò denuncia, 5 giorni prima del suicidio sotto il ponte dei Frati Neri. Stando a quanto sostenuto dal giornalista Peronaci, dietro al rapimento di Emanuela Orlandi si potrebbe quindi celare un movente multiplo: da un lato la lotta all’anticomunismo di Papa Giovanni Paolo II, dall’altro lo scandalo dei soldi ottenuti dalla mafia, transitati in Vaticano attraverso l’Ambrosiano e in gran parte dirottato in Polonia per sostenere la causa antisovietica di Solidarnosc.
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