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Omicidio Marco Vannini, depositate le motivazioni della sentenza: ecco perché è stata condannata la famiglia Ciontoli

Sono state rese note le motivazioni della sentenza di condanna della famiglia Ciontoli e dell’assoluzione di Viola Giorgini in merito all’omicidio di Marco Vannini, il ragazzo ucciso da un colpo di pistola mentre si trovava nella villetta dei genitori della fidanzata.

Si riaccendono i riflettori sull’omicidio di Marco Vannini, il ragazzo ucciso da un colpo di pistola mentre si trovava nella villetta di famiglia della fidanzata Martina Ciontoli, e su quella che dall’intera opinione pubblica è ritenuta un’ingiusta condanna. Sono state depositate dalla Corte d’Assise di Roma le motivazioni che hanno spinto a condannare il capofamiglia Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario, la moglie Maria Pezzillo, e i due figli, Martina e Federico Ciontoli, a 3 anni di reclusione per omicidio colposo. Sentenza che ha invece assolto una delle imputate alla sbarra: Viola Giorgini, fidanzata di Federico, presente la sera del 15 maggio del 2015 quando Marco Vannini veniva sparato. Per la Procura la giovane era colpevole di omissione di soccorso.

Quarantadue sono le pagine dalla sentenza del processo con giudizio ordinario riguardante la morte del giovane 20enne di Cerveteri. Pagine in cui, come riportato dalla testata locale Baraondanews, salta subito all’occhio la grande differenza tra le pene richieste dalla Procura (21 anni di reclusione per Antonio Ciontoli, 14 anni con le attenuanti generiche per il resto della sua famiglia e 2 anni per Viola Giorgini con la sospensione condizionale della pena) e quelle invece emesse dalla Corte. Le motivazioni ricostruiscono, nelle pagine conclusive, gli eventi che vedono come maggior responsabile della morte di Marco Vannini il militare Antonio Ciontoli. “Ha pensato a conseguenze dannose solo per il suo lavoro – si legge nella sentenza riportata da Baraondanewsdecidendo di agire ‘accada quel che accada’ pur di perseguire il suo scopo e cioè non prestando i dovuti soccorsi per salvare il ragazzo“. A differenza del capofamiglia, Maria Pezzillo insieme a Martina e a Federico Ciontoli sono sì stati ritenuti responsabili dell’omicidio di Marco Vannini, ma in maniera completamente differente, a tal punto che la Corte di Roma ha ritenuto giusto per loro una condanna di 3 anni. “A configurabilità del dolo nella condizione omissiva ascritta – si legge nella sentenza – (Antonio Ciontoli, ndr) ha avuto come presupposto la piena consapevolezza della modalità del ferimento, la prevedibilità delle possibili conseguenze e la decisione di nascondere, mentendo, il reale svolgersi dei fatti a chi avrebbe dovuto soccorrere il ferito. Ritiene invece la Corte che non sia emerso con adeguata certezza che la Pezzillo e i due fratelli Ciontoli abbiano avuto una cognizione dell’accaduto pari a quella di Antonio“.

La Corte si è poi focalizzata nelle motivazioni su alcuni nodi a loro avviso importanti: stando quanto riportato, non sarebbe chiaro dove fosse stata effettuata la chiamata al 118 e, soprattutto, chi fosse presente quando Antonio Ciontoli riferiva agli operatori sanitari intervenuti in casa del ferimento di Marco Vannini dovuto da un pettine a punta. Per un infermiere erano presenti anche gli altri oltre al capofamiglia, mentre per il collega vi era soltanto Antonio Ciontoli. Sulla fidanzata di Federico Ciontoli, stando quanto riportato da Baraondanews, si legge: “Residua la valutazione della posizione di Viola Giorgini, posizione che già il pm ha ritenuto, se non marginale, quantomeno secondaria rispetto a quella degli altri imputati. Nel dubbio, pertanto, sulla configurabilità del dolo nella condotta tenuta dall’imputata, la stessa deve essere mandata assolta dal delitto ascrittole, perché il fatto non costituisce reato”.

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