A un anno dalla tragica morte di Tiziana Cantone, la ragazza suicidatasi per la diffusione in rete di alcuni suoi video hard senza il suo consenso, il legale della famiglia interviene in merito alla recente richiesta di archiviazione dell’inchiesta sull’induzione al suicidio.
Una storia tragica quella di Tiziana Cantone, vittima della rete e della velocità del mezzo stesso. A un anno dal suicidio delle 31enne di Mugnano è intervenuto ai microfoni di “Legge o Giustizia” su Radio Cusano Campus l’avvocato Giuseppe Marazzita, legale della famiglia della giovane, in merito alla recente decisione della Procura di Napoli Nord sulla richiesta di archiviazione dell’inchiesta sull’istigazione al suicidio.
Tiziana Cantone si è tolta la vita il 13 settembre 2016 dopo aver atteso invano la giustizia. Non riusciva più a sopportare la gogna mediatica e reale a cui era soggetta da quando i video hard erano stati pubblicati sul web, diventando virali in pochissimo tempo. Le ha provate tutte prima di suicidarsi: ha anche cambiato città, ma le urla per strada l’hanno perseguitata. Il legale Mazzarita ha così commentato la richiesta dell’archiviazione sull’induzione al suicidio: “La decisione non mi trova né contento né convinto ed a tal proposito ho chiesto copia degli atti di archiviazione. Il reato di istigazione al suicidio richiede prove molto rigorose, servono dati oggettivi. Presenteremo opposizione. C’è in atto la diffamazione contro il legale rappresentante di Facebook Italia, che ha agito con colpevole ritardo e con cui non sono riuscito ad avere contatti. Esiste anche un procedimento per calunnia a carico dell’ex compagno della Cantone”.
L’incubo per la famiglia di Tiziana Cantone e della sua famiglia sembra non finire mai: i video hard sono ancora presenti su alcuni siti stranieri. Ogni qualvolta vengono rimossi poco dopo riappaiono da su altri siti. Un ciclo che sembra non avere fine. In merito alla presenza dei filmati in rete l’avvocato Giuseppe Mazzarita ha affermato ai microfoni di Radio Cusano Campus: “Sul piano giuridico dal nostro ordinamento è riconosciuto il diritto all’oblio ma poi questo stesso diritto dovrebbe essere applicato e questo è il problema: c’è un divario con la realtà ed il web che non aiuta l’attuazione di un processo giusto. Non servono nemmeno multe perché la vera domanda è: chi le fa? I pericoli di Internet mi sono molto chiari, quando un file finisce sul web se ne perde di fatto il controllo, anche se giuridicamente la vittima ha tutte le ragioni del mondo“.
Photo Credits Facebook