
Dopo i ricorsi e contro ricorsi, conclusi con la colpevolezza di Alberto Stasi, la famiglia di Chiara Poggi, uccisa nella propria abitazione dieci anni fa, pretende il risarcimento di un milione di euro dall’assassino della loro figlia.
Per i giudici non ci sono dubbi: Alberto Stasi è l’assassino di Chiara Poggi, la giovane trovata priva di vita nella propria abitazione a Garlasco, il 13 agosto 2007. Sono passati 10 anni e la condanna definitiva per l’ex bocconiano è di 16 anni di reclusione. I giudici hanno stabilito per la famiglia della vittima un risarcimento pari a 700 mila euro per la mamma Rita e il papà Giuseppe e di 300 mila euro per il fratello, Marco Poggi. Per un totale di un milione di euro, a cui vanno sommati le spese legali e quelle per le perizie per i 5 gradi di giudizio del processo sull’omicidio di Chiara Poggi.
“Tra spese legali e perizie la cifra indicativa potrebbe essere di altri 300 mila euro, da aggiungere al milione di euro di risarcimento per la famiglia Poggi”, spiega all’Adnkronos il legale di parte civile Gian Luigi Tizzoni. Dopo la condanna definitiva della Cassazione e l’inammissibilità del ricorso straordinario, la famiglia della giovane Chiara Poggi, dopo dieci anni di dolore, non vuole più attendere: “Abbiamo aspettato pazientemente che Stasi, riconosciuto colpevole dell’omicidio di Chiara, onorasse quanto dovuto, ora la pazienza è finita”, afferma l’avvocato.
Nel frattempo Alberto Stasi risulta nullatenente ed ha rinunciato all’eredità paterna. Attualmente lavora come centralinista in un call center per una compagnia telefonica a Bollate, per mille euro al mese, in vista di un futuro reinserimento in società. “Cercheremo di capire perché il carcere non ci ha avvisati e se parte del suo stipendio sia trattenuto per il risarcimento delle vittime e il pagamento delle spese processuali, come prevede la legge”, ha dichiarato il legale della famiglia Poggi. L’avvocato Tizzoni ha inoltre affermato: “Sono pronto ad usare tutte le armi legali per ottenere quanto spetta alla famiglia della vittima”. Stasi ha comunque fatto ricorso alla Corte Europea per i diritti umani di Strasburgo nonostante, nel giugno scorso, la Cassazione abbia giudicato inammissibile l’ipotesi che il processo a suo carico non sia stato gestito seguendo i principi stabiliti da Strasburgo.
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