Particolare il percorso di Marco Pavanello, davvero particolare. Ha trovato una certa notorietà qualche anno fa, partecipando a Uomini e Donne nelle vesti di corteggiatore. Poi, qualche mese fa, si è di nuovo parlato di lui per un motivo tutt’altro che positivo. L’ex gieffina Francesca Cipriani, sua ex fidanzata, è finita in ospedale con una serie di ematomi sul corpo e ha puntato il dito proprio contro di lui: “Ho scoperto dei messaggini compromettenti sul telefono del mio ex compagno, ho chiesto spiegazioni e mi ha riempita di botte“. E, secondo il racconto della procace fanciulla, non si è trattato di un episodio isolato: “Era già successo in passato, per questo lo avevo lasciato, dopo mesi lui mi ha chiesto un chiarimento e io ci sono cascata di nuovo. Ma stavolta ho deciso di parlare, anche per tutte quelle donne che subiscono violenza in silenzio“. Adesso Marco è ancora una volta nell’occhio del ciclone. Motivo: qualcuno l’accusa di truffa.
Secondo quanto riporta Il Messaggero, tramite la sua ditta TuttoTartufo Pavanello avrebbe venduto cento piantine ai fratelli Antonacci le quali però “erano soltanto leccio“, spiegano i diretti interessati. E i diretti interessati chiedono un rimborso di duemila euro e hanno perciò avviato una battaglia legale. “Il nostro avvocato – spiega Dario Antonacci – ha inviato una lettera di diffida per la restituzione della somma spesa per l’acquisto delle piantine, ad oggi non ci è arrivata nessuna risposta“. Pavanello si sarebbe giustificato dicendo di essere stato ingannato, a sua volta, da un suo dipendente.
I fratelli Antonacci l’anno scorso hanno deciso di sfruttare un terreno di famiglia per allestire una tartufaia, “con piante micorizzate al tartufo. Dopo varie ricerche su Internet ci siamo affidati alla ‘TuttoTartufo srl’: abbiamo preso contatti e il signor Pavanello ci ha dato tutte le istruzioni per preparare il terreno ad accogliere le piante che ci avrebbe portato. È venuto a visionare personalmente l’area ma poi ha mandato il signor Franco con le piantine di roverella micorizzate. Delle cento pagate ne sono arrivate novantanove“.
Insospettiti, si sono recati a una fiera in Umbria e chiesto lumi a un esperto di tartufi che, appena udito il nome della società, li ha messi subito in guardia consigliando loro di far analizzare le piantine da una biologa di Perugia. Risultato? “Le piante non erano micorizzate come garantito nel contratto firmato“. Vorrebbero riavere perlomeno il loro denaro ma finora non è stato possibile.