Fiorello è stato fra i primi, stamattina, ad arrivare in Campidoglio. Fra i primi a visitare la camera ardente allestita per Franco Califano. Poi sono giunte tante altre persone. Centinaia. Che hanno deciso di trascorrere così questa giornata: doveva essere di festa, invece ha segnato un solco nel cuore del Paese. Fiorello s’è confuso fra gli altri. Non c’era traccia della verve che tutti conosciamo e amiamo, la sua battuta sempre pronta ha lasciato il posto a un “non mi viene niente“. Barbara lunga, brizzolata come i capelli. Occhiali scuri, cappotto scuro, maglione scuro. Anima resa scura dal dolore. Con Califano ha sempre avuto un legame speciale. Forse perché sono simili, per certi versi. Per niente calmi, con diverse burrasche lungo il loro cammino e qualche guaio di troppo. Di quei guai che passano, ma non si dimenticano.
“Siamo rinati insieme – ha ricordato Fiorello ai microfoni del Messsaggero tv – dieci anni fa, è stata una specie di rinascita artistica, da quella mia famosa imitazione. Andò bene a me e andò bene a lui. Eravamo entrambi in crisi e poi abbiamo superato questo momento. Lui ricominciò a fare i concerti, io gli spettacoli in televisione. Siamo diventati amici, è venuto in tutti i miei programmi alla radio“. Voce bassa, quasi spezzata, “sono venuto qui – ha continuato lo showman siciliano – per vedere la gente che c’è, ed è tanta, nonostante sia la Pasquetta. E noi tutti sappiamo come Califano non amasse i giorni di festa“.
In compenso amava mandare sms nel cuore della notte, come hanno detto anche i Negramaro, alle persone a cui voleva bene: “Sempre carichi di affetto – dice Fiorello – arrivavano quando meno te l’aspettavi. Aprivi il cellulare la mattina e li trovavi. Scritti in romanesco“. Pronunciata questa frase, Rosario è entrato nella camera ardente per “salutare il mio amico“. Non gli veniva più niente, appunto. E le canzoni di Califano, oggi, gli mettono addosso una grande, immensa tristezza: “Mi mancherà molto“.